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Presentazione “La rivelazione della Sfinge” su MARGUTTE

 

Gli egizi antichi ritenevano che la Sfinge fosse depositaria di una sapienza vasta e profonda — così come nei trattati del Corpus Hermeticum è scritto che Thot, il dio della saggezza, abbia nascosto in un qualche luogo in Egitto le sue conoscenze segrete. Questi due fatti sono considerati dagli egittologi come racconti mitici, favole.
Invece in base a quanto ho scoperto ed espongo nel mio La rivelazione della Sfinge, entrambe queste notizie paiono essere puramente veridiche. Vale a dire che la Sfinge è effettivamente custode di una conoscenza arcana e segreta, la quale è inscritta in stele di natura assai particolare, riconducibili proprio ad esseri che si possono dire divini.
Pertinenziali alla Sfinge vi sono tre templi: il Tempio della Sfinge posto di fronte alle zampe della Sfinge, il Tempio della Valle adiacente al Tempio della Sfinge, e poi in aderenza alla seconda piramide, quella detta di Khafra, c’è il terzo Tempio, detto Mortuario, che è collegato al Tempio della Valle per mezzo di una strada rialzata lunga 500 metri. Ebbene secondo gli egittologi questi tre templi costituiscono, unitamente alla Sfinge ed alla seconda piramide, niente di più che il complesso funerario del faraone Khafra (Chefren in greco) della IV dinastia.
Invece questi tre giganteschi ed enigmatici templi raffigurano una precisa e deliberata comunicazione in forma di disegno, inscritto nella piana di Giza come un geroglifico megalitico, sfuggito alle analisi di generazioni di egittologi. La pianta di questi tre templi costituisce un disegno, dal significato inequivocabile ed autoevidente.
Questo documento, tanto concreto quanto pianamente razionale, si vedrà si accordi armonicamente con le diverse diramazioni della Scienza Sacra che da sempre innervano le civiltà della Terra, al punto anzi da costituire, il messaggio della Sfinge, il fondamento archetipico e la chiave di comprensione di quel vasto alveo di conoscenze che la mentalità occidentale, idolatra della più bieca ragione calcolante, non sa più intendere.

Scoprii vent’anni fa il geroglifico megalitico rappresentato dai tre templi pertinenziali alla Sfinge di Giza.
Ed il suo significato mi fu subito evidente: un essere superiore che colpisce con una sorta di raggio il cervello di un pitecantropo. Un disegno affine alla creazione di Adamo affrescata da Michelangelo nella Cappella Sistina, con la differenza dell’essere il geroglifico della Sfinge molto più determinato ed accurato, animato da una precisione che a ben vedere non si può che dire scientifica. Il documento del quale la Sfinge è da millenni custode mostra la creazione dell’uomo, non naturalmente la creazione ex nihilo, bensì la sua formazione e modellazione a partire dai primati meno evoluti, da parte di esseri all’uomo superiori. Detto altrimenti, il geroglifico della Sfinge dichiara che l’uomo discenda dalle scimmie, così come riconosce il pensiero scientifico attuale, con la cruciale differenza, rispetto al pensiero scientifico, intorno alla causa della specificazione dell’homo sapiens, che non fu l’evoluzione fortuita di mutazioni genetiche casuali, bensì un intervento esterno, il quale, quantomeno rispetto all’ambito del pensiero occidentale, deve dirsi esoterrestre.
Mi avvidi appunto di questo messaggio in forma di disegno, dal valore particolarmente preciso e pregnante — che, se da un lato si accorda alle narrazioni religiose più diffuse, a partire del libro di Genesi, dall’altro pare con evidenza avvalorare le tesi di quegli autori che sostengono esservi nei testi sacri la descrizione di operazioni di ingegneria genetica operate da esseri superiori al fine di produrre l’uomo attuale.
Ed anche mi resi naturalmente conto della fragorosa novità che l’opera megalitica in sé costituiva rispetto al panorama delle conoscenze consolidate intorno alla civiltà egizia, anche perché nella trimillenaria conoscenza egizia vi è sì menzione dell’episodio secondo cui il dio Khnum avrebbe forgiato l’uomo sul tornio da vasaio e vi avrebbe insufflato la vita, ma appunto questa narrazione è si può dire secondaria rispetto al patrimonio acquisito dei cosiddetti miti religiosi egizi. Ed anche va considerato che i tre templi della Sfinge che rappresentano il disegno sono detti dagli archeologi essere niente altro che i templi del complesso funerario di un faraone, invece hanno la valenza autonoma loro propria, madornale ed eclatante, di istituire un messaggio, il che dissolve le credenze dell’egittologia secondo cui ogni monumento d’Egitto sarebbe stato voluto dai regnanti quale loro capricciosa tomba.
Cioè mi resi conto che la presenza di questo gigantesco disegno spezzava il senso sia delle scienze accademiche, sia del patrimonio condiviso del mondo occidentale, fino appunto a mettere in discussione il ruolo e la valenza del fondamento stesso del mondo occidentale, cioè la ragione, come più o meno agevolmente si potrà constatare da cosa espongo.


Perché, naturalmente, se è vero cosa asserisce questo disegno geroglifico allora tutto il complesso di credenze che costituiscono l’essenza del pensiero occidentale, dall’evoluzionismo al materialismo scientifico, vengono dissolte, e con loro viene dissolta anche la pretesa storia come concepita dal pensiero occidentale.
Ed ancora va ben considerato che la inconciliabilità dei tre templi della Sfinge con la narrazione storico-antropologica accademica, si afferma non solo quanto al contenuto del documento che i templi racchiudono, ma già anche per la conformazione materiale dei templi stessi. Infatti, proprio questi tre templi sono le opere in terra d’Egitto ad essere in sé le più insolite e misteriose, in quanto costituite da monoliti ciclopici, giganteschi, si può dire assurdi (e ciascuno di questi tre templi è ben più ampio della Sfinge stessa, anche se forse meno appariscente). Monoliti lunghi 9 metri, profondi 3,5 e alti 3, dal peso di oltre duecento tonnellate, gli altri di poco più piccoli ed alcuni ancor più immani, incastrati l’uno nell’altro in modo assolutamente perfetto. Come potè un popolo appena uscito dallo stadio dei cacciatori raccoglitori movimentare e mettere in opera blocchi di calcare di tale stazza? E infatti gli egittologi non hanno la minima idea di come questi templi furono costruiti, si limitano a prendere atto del fatto che questi sussistano e li incasellano nelle griglie della storiografia costruita a tavolino sulla base del darwinismo e del positivismo. Ed ancora questi templi presentano profondi segni di una erosione millenaria, proprio come la Sfinge e il suo recinto — ma ciò non deve stupire, giacché gli egittologi hanno accertato che i monoliti che costituiscono i tre templi furono ricavati dalla asportazione del materiale per il costruire la Sfinge, che come si sa è stata modellata in uno sperone roccioso sulla piana di Giza appunto asportando blocchi di calcare. E si aggiunga che secondo recenti e controversi studi, l’erosione della Sfinge e del recinto in cui è ubicata sarebbero compatibili solo con l’esposizione a abbondanti piogge, che occorsero in sito una decina di migliaia di anni fa. Anche le piramidi di Giza sono misteriose ed irriducibili ai paradigmi della storia quali ritenuti dagli egittologi, ma i tre templi del complesso della Sfinge incarnano tecniche e capacità costruttive che riflettono stadi di conoscenza davvero irriducibili ai paradigmi della scienza occidentale.
Quindi, proprio questi tre templi, indecifrabili e indatabili, costituiscono il gigantesco geroglifico di un essere superiore che colpisce con una sorta di raggio il cervello un ominide dall’aspetto sciocco, evidentemente al fine di provocarne l’evoluzione — gli egittologi non hanno mai notato il disegno racchiuso nelle piante dei templi, pur avendole riprodotte in decine di testi a partire dalla fine dell’800, per il semplice motivo che chi cerca tombe solo complessi funerari può trovare.


Che fare, dunque, del documento che la Sfinge da millenni custodisce? Ovvero, ribaltando la domanda, perché ne ho taciuto per vent’anni?
Quanto più una scoperta è dirompente, tanto maggiore è la responsabilità che essa impone a chi ne sia il testimone.
Se da un lato è autoevidente il significato del messaggio ivi disegnato, dall’altro lato il livello di conoscenza e di coscienza della umanità attuale non è certo più quello di chi il messaggio vergò; anche solo semplicemente per il fatto che il complesso di conoscenze di chi interpreta orienta l’interpretazione, nell’ambito del circolo ermeneutico; nel senso che questo documento nel Medioevo sarebbe stato inteso come la raffigurazione del dio veterotestamentario che crea l’Adamo, mentre oggi che Dio è morto lo si può ricondurre tout court all’ipotesi che gli alieni abbiano modellato l’uomo, mentre in altri ambiti sapienziali si può dire raffiguri un essere non umano, ovvero un Buddha (e mi riferisco alla immagine tibetana secondo cui il genere umano fu creato dal Buddha Avalokhiteshvara, il Buddha della compassione, intervenendo su una scimmia), ovvero altrimenti.
Quindi c’è un primo problema che riguarda la “adeguatezza” dell’interprete, nel senso appunto del grado di duttilità ed abitudine mentale da parte di chi legge il messaggio, perché è chiaro che se si resta ancorati al pensiero materialistico contemporaneo si deve concludere che questo messaggio raffiguri comunque un mito, restando esclusa a priori l’ipotesi che possa dare conto di un evento effettivamente accaduto.
Nonché su questa problematica ermeneutica si innesta il fatto che le verità più importanti, come dice Platone nella Lettera VII, non debbano essere esposte alla derisione, e parimenti nemmeno alla supponenza di chi da un elemento tragga conclusioni in base a cosa pateticamente crede di sapere.
Ma questi aspetti problematici insiti nella responsabilità connaturata alla scoperta non debbono far venir meno la contestuale responsabilità che impone di doversi rendere noto il messaggio custodito dalla Sfinge, e ciò proprio per il fatto che questo messaggio non è da considerarsi un segreto, perché invece esso sta sotto gli occhi di chiunque lo voglia vedere ed è appunto come tale destinato ad essere comunicato. Nella Kore kosmou del Corpus Hermeticum è narrato che Ermete, cioè Thot, abbia deposto le sue stele recanti la conoscenza suprema da qualche parte in Egitto (in un luogo che come suggerisco nel testo è sicuramente identificabile con la piana di Giza), in attesa di qualcuno che imbattutosi in esse fosse in grado di leggerle — e peraltro questo meccanismo, di nascondere un documento affinché sia riscoperto nelle generazioni future, è assai ricorrente nell’ambito del Buddhismo tibetano, con il nome di terma i tesori, e il nome di terton per lo scopritore di testi nascosti e di gonter per lo scopritore di tesori della mente).
Tutti questi aspetti convergono insomma nel doversi essere analizzata la portata del documento della Sfinge nel contesto di una pluralità di scenari, coerenti con la logica va da sé, ma svincolati da quel complesso di credenze che è il pensiero scientifico occidentale.

Antonio Viglino

Black texture dark slate background. Beton concrete surface.
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Antico Egitto: manuale di mummificazione

Mummia

Quando si parla di mummificazione, pensiamo subito ai faraoni e all’Antico Egitto: e a ragione, perché gli egizi sono stati pionieri e maestri nei procedimenti di conservazione dei defunti, considerati una vera e propria arte i cui segreti venivano tramandati principalmente per via orale. Fino a poco tempo fa eravamo a conoscenza di soli due testi sul tema: ora se ne aggiunge un terzo, un vero e proprio manuale sulla mummificazione, contenuto all’interno di un papiro medico. È il cosiddetto Papiro Louvre-Carlsberg, così chiamato per via della proprietà condivisa tra il museo francese del Louvre e la collezione di papiri della Carlsberg Foundation (Danimarca): lungo sei metri, risale al 1450 a.C. circa, ed è di ben mille anni più antico degli altri due manoscritti sulla mummificazione.

Il testo non è rivolto ai neofiti del mestiere, ma funge piuttosto da promemoria per gli addetti ai lavori: non tratta infatti le tecniche di base della mummificazione, ma descrive i dettagli di alcuni procedimenti, come la preparazione di unguenti e l’uso di diversi tipi di bende. In particolare spiega in che modo mummificare il volto del defunto, utilizzando sostanze ricavate da piante aromatiche e cotte in un liquido che il mummificatore spalmava su teli di lino rosso, che andavano poi appoggiati sul volto della futura mummia. «La descrizione di questo procedimento è uno dei dettagli più interessanti del manuale», afferma Sofie Schiødt, l’egittologa che ha revisionato il papiro.

Questa procedura, fino ad oggi sconosciuta, veniva ripetuta ogni quattro giorni, per 17 volte. La mummificazione durava in totale circa 70 giorni: i primi 35 servivano a svuotare e seccare il corpo, che nei restanti 35 giorni veniva avvolto, profumato e riposto nella bara. Negli intervalli tra un procedimento e l’altro, i mummificatori coprivano il cadavere con teli e bacchetti di incenso, che accendevano per tenere lontani insetti e scarafaggi. Un procedimento lungo e complicato, che si concludeva con la celebrazione di riti religiosi volti ad accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’aldilà.

La Mummificazione – Pietro Testa

 

https://www.focus.it/cultura/storia/manuale-mummificazione-antico-egitto

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L’Antico Egitto – Tra misteri e scoperte

Sabato 12 Ottobre 2019 a Cavriglia (Ar)

Una giornata interamente dedicata all’Egitto:
“L’Antico Egitto: tra misteri e scoperte”
ospite lo scrittore inglese best-seller Adrian Gilbert.

Mattino: ore 9.00 Auditorium del Museo Mine a Castelnuovo dei Sabbioni incontro riservato ai ragazzi delle scuole
Programma:
– Saluti istituazionali dell’Amministrazione Comunale
– Introduzione all’Antico Egitto a cura di Leonardo Lovari
– “Piramidi, geometria e connessioni stellari” di Adrian Gilbert

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Pomeriggio: ore 18.00 Teatro Comunale di Cavriglia (Piazza Berlinguer) incontro pubblico gratuito e aperto a tutti.
Il programma:
– Saluti istituazionali dell’Amministrazione Comunale
– Presentazione Harmakis Edizioni e la Stele del Sogno a cura di Leonardo Lovari
– “Osiride, Stelle, Piramidi e resurrezione” di Adrian Gilbert

Ingresso Gratutito

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[:it]La Scuola dei Misteri dell’’Occhio Sinistro di Horus[:en]The Mystery School ” Left Eye of Horus[:]

[:it]

Occhio di Horus
Occhio di Horus

La Via dell’Occhio Sinistro di Horus, il Sole Femminile o la Via Umida (il Mercurio degli Alchimisti, che incarna l’Anima, come vapore esteriore e sensitivo) che porta al misticismo, è trattata estesamente nel libro dedicato alle Dee e al Femminile Sacro e in quello delle danze sacre femminili dell’Antico Egitto. è il cammino Femminile che esplora la natura umana delle emozioni e dei sentimenti, sia positivi che negativi, delle energie psichiche, della nascita e della morte. Il percorso femminile invita ad aprirsi alla vita, imparando a ricevere con amore ogni sua manifestazione; è la Via del Tantra e l’uso consapevole dell’energia sessuale; la Via delle Arti come il canto, la musica, la danza, la pittura, la scultura e la tessitura; la Via dell’accettazione, del Perdono e della Saggezza del Cuore; è l’ago-Amore che cuce insieme ciò che è stato diviso e le braccia della Madre tese all’umanità caduta. L’energia femminile, apparentemente passiva, mantiene la coesione del Creato (ricordiamoci che è grazie alla Dee che l’esistenza viene in essere) e ha una funzione Rivelatrice: è tramiteIside, Osiride diviene immortale, attestando così la Sua indiscutibile potenza.

Il-simbolismo-nelliconografia-egizia-

In questa Scuola s’insegnava che la Creazione è il Sogno di Dio, anzi il suo Gioco, la manifestazione del suo Amore creativo. Gli universi in cui viviamo sono solo degli ologrammi della Sua mente che si tessono, tramite le mani di Neith la Tessitrice, e si disfano in funzione dei nostri livelli di coscienza. Attraverso questa consapevolezza si ri-scopriva che la Gioia e l’Amore sono il lievito dei mondi. L’Intento della Via dell’Occhio Sinistro era quello di attivare la parte destra del cervello e unirla alla parte sinistra per ritrovare l’Unità: un programma semplice e chiaro, no? Sembra che il suo percorso durasse dodici anni e si svolgesse nei dodici templi principali, che sorgevano lungo il Nilo: il novizio passava un anno-ciclo in ognuno di questi Templi, per sperimentare tutte le sfaccettature femminili della Coscienza. Se il mondo femminile dei sentimenti non è in equilibrio l’evoluzione si blocca, poiché senza un corpo emozionale stabile, la mente inganna se stessa. La Grande Iniziazione poteva aver luogo alla fine di questo percorso se Sekhem aveva già compiuto parte della sua serpentina ascesa. Qui l’ascesa di Sekhem è suscitata da un sentimento di omaggio e gratitudine verso la Dea: è l’Amore che provoca l’Ascesa di Sekhem, che sboccerà nel loto azzurro

Jivan Parvani

Yoga Faraonico

[:en]

Occhio di Horus
Occhio di Horus

Via the Left Eye of Horus, the Sun Female or Via Humid (the Mercury of the Alchemists, who embodies the soul, as steam outward and sensitive) that leads to mysticism, it is treated extensively in the book dedicated to Dee and Feminine sacred and the sacred dances female of Ancient Egypt. Female is the path that explores the nature of human emotions and feelings, both positive and negative, psychic energy, of birth and death. The route invites women to be open to life, learning to receive with love all its manifestations; It is the way of Tantra and the conscious use of sexual energy; Avenue of the Arts as singing, music, dance, painting, sculpture and weaving; Via the acceptance, of Forgiveness and Wisdom of the Heart; Love is the needle-stitching together what was divided and the arms of Mother held out to fallen humanity. The feminine energy, seemingly passive, maintains the cohesion of Creation (remember that it is thanks to Dee that the existence comes into being) and has a function of Revealing is tramiteIside, Osiris becomes immortal, as proof His unquestionable power.

Il-simbolismo-nelliconografia-egizia-

In this school si’insegnava that Creation is the dream of God, rather his play, the manifestation of his creative love. Universes in which we live are only holograms of your mind that you weave through the hands of Neith the Weaver, and come apart in function of our levels of consciousness. Through this awareness will re-discovered the Joy and Love are the leaven of the worlds. The intent of the Way Left Eye was to activate the right brain and add it to the left to find the unit: a simple and clear, no? It seems that his career lasted twelve years and should take place in the twelve main temples, which were built along the Nile: the novice passed a year-round in each of these temples, to experience all the facets of the feminine consciousness. If the female world of feelings is not in balance evolution crashes, because without a stable emotional body, the mind deceives itself. The Great Initiation could take place at the end of this path if Sekhem had already completed part of his serpentine ascent. Hence the rise of Sekhem is aroused by a sense of honor and gratitude to the Goddess is love that causes the Rise of Sekhem, that will blossom in the blue lotus
Jivan Parvani

Yoga Faraonico

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Aton – La Religione della Luce

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Aten (anche Aton,) è il disco del sole nell’antica mitologia egizia , e in origine un aspetto di Ra . L’ Aton divinizzato è il focus dell’ enoteistica , o monoteistica religione dell’Atonismo introdotta da Amenhotep IV, che in seguito prese il nome di Akhenaton nel culto e il riconoscimento di Aton. Nel suo poema “Grande inno ad Aton “, Akhenaton loda Aton come il creatore e datore di vita. Il culto di Aton è stata cancellato da Horemheb .

Aton, il disco solare, viene prima indicato come una divinità in “La storia di Sinuhe” dalla XII dinastia , in cui il re defunto è descritto come un dio in cielo unendosi con il disco-solare, il corpo divino si fonde con il suo creatore. Per analogia, il termine “l’Aton argentatp” è stato talvolta usato per riferirsi alla luna. L’Aton solare è stato ampiamente venerato come un dio nel regno di Amenhotep III , quando fu raffigurato come un uomo dalla testa di falco molto simile a Ra . Nel regno del successore di Amenhotep III, Amenhotep IV, l’Aten divenne il dio centrale della religione di Stato egiziana, e Amenhotep IV cambiò il suo nome in Akhenaton per riflettere il suo stretto legame con la nuova divinità suprema.

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Il titolo completo del dio di Akhenaton era ” Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte, nel suo nome, come la Luce che è nel disco solare. ” (Questo è il titolo del dio come appare sulle numerose stele che sono state collocati per segnare i confini della nuova capitale di Akhenaton, Akhetaten , (la moderna Amarna .) Questo lungo nome è stato spesso ridotto a Ra-Horus-Aten o semplicemente Aton in molti testi, ma il dio di Akhenaton  è considerato una sintesi di antichissime divinità visualizzate in un modo nuovo. Il dio è anche considerato sia al maschile che al femminile contemporaneamente. Tutta la creazione è stato pensata per emanare dal dio e di esistere all’interno del dio. In particolare, il dio non è stato raffigurato in forma antropomorfa (umana), ma con raggi di luce che si estendono dal disco del sole.

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Inoltre, il nome del dio è stato scritto all’interno di un cartiglio , insieme con i titoli dati normalmente ad un Faraone , un’altra rottura con la tradizione antica. Ra-Horus, più comunemente indicato come Ra-Horakhty (Ra, che è l’Horus dei due orizzonti), è una sintesi di altre due divinità, entrambi le quali sono attestate molto presto. Durante il periodo di Amarna, questa sintesi è stato vista come la fonte invisibile di energia del dio del sole, di cui la manifestazione visibile era Aton, il disco solare. Così Ra-Horus-Aten è stato uno sviluppo di vecchie idee venute a poco a poco. Il vero cambiamento, come alcuni lo vedono, era l’apparente abbandono di tutti gli altri dei, in particolare Amon , e l’introduzione discutibile del monoteismo da Akhenaton. Il sincretismo è evidente nel grande inno di Aton in cui Re-Herakhty, Shu e Aton vengono uniti nel dio creatore. Altri vedono Akhenaton come un praticante di una monolatria di Aton, lui non ha negato attivamente l’esistenza di altri dèi; si è semplicemente astenuto dall’adorare il resto del pantheon divino egizio.

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Durante il periodo di Amarna, ad Aton è stato data una titolatura reale (egli era considerato il re di tutti), con i suoi nomi disegnati in un cartiglio . C’erano due forme di questo titolo, il primo aveva i nomi di altri dèi, e il secondo, quello che era più ‘singolare’ e si riferiva solo ad Aton stesso. La prima forma è Re-Horakhti che gioisce nell’orizzonte, nel suo nome Shu che è Aton. La forma più tarda ha Re, sovrano dei due orizzonti che gioisce nell’orizzonte, nel suo nome di luce che è Aton.

Akhenaton

Akhenaton

  • Le illustrazioni e i basso rilievi di Aton lo  mostrano con una superficie curva, lo studioso Hugh Nibley insiste sul fatto che una traduzione più corretta sarebbe globo, globo o sfera, piuttosto che disco . La forma sferica tridimensionale di Aton è ancora più evidente quando tali rilievi vengono visualizzati nella realtà, piuttosto che semplicemente nelle foto.
  • C’è la possibilità che la forma tridimensionale sferica di Aton raffigura l’occhio di Horus/Ra. Nelle prime religioni monoteistiche come lo Zoroastrismo il sole è chiamato Ahura Mazda (“Spirito che crea con il pensiero”) .
  • Queste due teorie sono compatibili tra loro, dal momento che l’occhio è una sfera.

Nomi derivati ​​da Aton

  • Akhenaton : “colui che è utile a Aton.”
  • Ankhesenpaaten : “La sua vita è di Aton.”
  • Beketaten : “serva di Aton.”
  • Meritaten : “Lei che è amata da Aton.”
  • Meketaten : “Ecco Aton” o “Protetto da Aton.”
  • Neferneferuaten : “Il bello di Aton.”

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