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Il Viaggio di Harmakis – Amore e Psiche

La favola di Amore e Psiche scritta da Lucio Apuleio all’interno delle Metamorfosi, è una vera e autentica fiaba, dove esistono atmosfere magiche e incantate come nella tradizione popolare. Un racconto da tutto il mondo conosciuto, di cui sono state date le più disparate interpretazioni, ma che affascina i lettori da quasi duemila anni. Del suo autore Apuleio, nato nel 125 d.C. nell’odierna Algeria, sappiamo che veniva da una famiglia molto ricca, si formò a Cartagine, studio filosofia ad Atene. Ritornato in Africa dove svolse attività di avvocato, conobbe Pudentilla, madre di un suo compagno di studi che sposò. Fu accusato di magia e stregoneria dalla quale si difese con una famosa orazione dal nome Apologia o De magia. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cartagine morendo presumibilmente nel 170 d.C. La favola di Amore e Psiche è una novella compresa nell’opera maggiore di Apuleio, L’asino d’oro.

Conduce: Leonardo Paolo Lovari

Voce Narrante: Rosanna Lia

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Morto o non Morto: Il Destino di Dio

Nel diciannovesimo secolo, quando  descrisse “Dio è morto”, esprimeva la sua opposizione a diverse visioni del mondo in competizione; il secolarismo liberale del suo tempo, Immanuel Kant e l’idealismo tedesco post kantiano, e all’ideologia cristiana. È a quest’ultimo gruppo che la famosa frase riecheggia più profondamente e la cui risonanza è più ampia. Nella sua risposta all’ideologia cristiana, Nietzsche denuncia il concetto letteralmente letterale e dualistico di Dio come agente al di fuori del mondo che distribuisce ricompense e punizioni del paradiso e dell’inferno in termini semplicistici e non allegorici. Mentre il pensiero tedesco cercava di decifrare un Dio più sofisticato e minuzioso, Nietzsche allertò i suoi contemporanei con il grido di “Dio è morto” per dire che non possiamo più tornare al concetto semplicistico di un Dio dualista visto come separato dal mondo.

Più di centocinquanta anni dopo sembra che ci sia una nuova svolta in questa vecchia frase. Prominentemente esposti sui cartelloni degli autobus di Londra ci sono le parole del biologo evoluzionista Richard Dawkins che afferma: “Probabilmente Dio non esiste, quindi rilassati e goditi la vita”. Questa versione moderna della frase ha una sfumatura che suggerisce l’edonismo. Questo, tuttavia, non è un vero grido per l’ateismo. Il messaggio di Dawkins è più morbido di, ad esempio, Jacques Monod, il celebre biologo che sostiene l’ateismo come la risposta adeguata all’inutilità dell’esistenza; che siamo semplici incidenti chimici. Ciò a cui Dawkins sta rispondendo è la versione fondamentalista di Dio, che Nietzsche ha già eliminato. Dawkins non sta attaccando le nozioni intuitive e mistiche di Dio, ma piuttosto la vecchia moda “Dio nel cielo” del fondamentalismo.

Per affrontare le carenze della visione del mondo fondamentalista, Dawkins avrebbe dovuto piuttosto dire: “Non venire a Dio per paura” e questo, insieme alla domanda “Dio è buono?” La domanda sulla bontà di Dio ha profonde radici filosofiche, e ciò conduce a un percorso bello e curioso che suggerisce Dio come qualcosa di più meraviglioso della sua riduzione ad un agente dualistico.

Ma dicendo rilassati e goditi la vita, Dawkins alimenta una delle ardenti motivazioni per il fondamentalismo; la paura dell’edonismo. La paura dell’edonismo nel suo aspetto peggiore; la ricerca del piacere si scatena, la sazietà senza ritegno e ovunque il caos. Non solo questa paura dell’edonismo alimenta il fondamentalismo, che è la risposta teologica, ma alimenta il terrorismo fondamentalista, una reazione politica alla stessa paura.

C’è un altro modo di vedere Dio che sta guadagnando consenso in Occidente. Una visione che eleva Dio dalla banalità della visione del mondo fondamentalista e dalla beffa di Dawkins. Una visione che mette in prospettiva un Dio più sofisticato, più accurato e più mistico che si levava dalle ceneri della pira funebre che Nietzsche aveva preparato. Questa visione trova la sua articolazione nella Fisica Quantistica. Basandosi su concetti portati alla luce da Einstein e avanzati da una schiera di pensatori e scienziati tra cui Rupert Sheldrake, Roger Penrose, Feynman, David Bohme, C. Blood e altri, sono diventato una delle voci principali di questo nuovo paradigma nella scienza. Nel mio libro God Is Not Dead e nel film The Quantum Activist, in cui espongo il mio caso in modo piuttosto succinto, c’è una nuova mescolanza di filosofia con la religione, della scienza con l’intuizione. Dio come coscienza.

Il Dio suggerito dalla Fisica Quantistica non è il Dio letterale delle Scritture, ma il Dio sofisticato e luminoso che è descritto nelle Scritture; descritto attraverso allegoria e simboli, oltre che aneddoticamente.

C’è una lunga tradizione in Occidente di un Dio della Coscienza che resiste a descrizioni letterali che risalgono a Platone. Origene, uno dei primi padri della chiesa, insieme a Agostino si appropriò dell’Idealismo di Platone per la dottrina della Chiesa. Più tardi arrivarono Erigena e San Gregorio di Nissa che integrarono il pensiero neoplatonico con il dogma della Chiesa. E Tommaso d’Aquino che portò i concetti aristotelici all’interno del cannone della Chiesa, sostenendo che la Ragione era capace di operare all’interno della fede. Anche il giudaismo e l’islam hanno sempre apprezzato il rigoroso dibattito talmudico e coranico sulle interpretazioni del significato all’interno delle scritture.

Quindi, vediamo che la teologia occidentale ha una lunga storia di ricerca del sofisticato Dio del significato e dell’intuizione per sostenere, per così dire, il Dio più letterale della devozione. In altre parole, un percorso di saggezza. Ma in Occidente questa tradizione è stata emarginata. Non è mai stato preso dal mainstream. Non è mai penetrato nella coscienza dell’umanità, ma piuttosto è rimasto un dibattito o una discussione tra teologi, filosofi e uno scienziato illuminato. Infatti, fin dalla codificazione della dottrina della Chiesa nel Medioevo, la filosofia e la religione sono state in gran parte separate. Per la mente tradizionale, la religione è diventata quasi completamente devozionale, mentre la filosofia, appena esistente nel mainstream, ha tentato di riprendere il gioco nel suo rapporto con Ragione e significato.

Colmando questo divario tra filosofia e religione e parlando di Dio e della natura della realtà in termini di coscienza, e sostenendo se stesso con la matematica fino al punto in cui l’equazione di Schròdinger in un certo senso prova l’esistenza di Dio, la fisica quantistica introduce un nuovo paradigma , un nuovo dialogo, un nuovo modo di vedere un vecchio concetto. Nella fisica quantistica, Dio è trascendente, è di tutto, non è locale. Dio è un agente di causalità che agisce al di fuori dell’universo materiale ma effettua le cose all’interno del mondo materiale. Dio è coscienza come non-locale, e siamo in risonanza con Dio quando non siamo nella nostra coscienza egoica, ma in uno stato non-locale. È ciò che i mistici chiamano la Coscienza di Dio o il sentimento oceanico.

La fisica quantistica offre un modello filosofico rigoroso basato sul fatto che la coscienza è primaria a tutto. Le cose, i pensieri, i sentimenti, le emozioni sono tutte ondate di possibilità; onde che sono collassate nella realtà dalla coscienza. Quindi la coscienza, non importa, è il fondamento di tutto l’essere. (Questa è un’idea non rara nei circoli religiosi e filosofici, ma che è rivoluzionaria nella scienza.) Il nuovo paradigma della Fisica Quantistica parla in un linguaggio che è scientifico, chiaro e oggettivo.

Tuttavia, a differenza della scienza e della maggior parte delle filosofie, la fisica quantistica sposa l’ortoprassi e l’ortodossia. Cioè, pratica giusta e giusta dottrina. Ci offre il concetto di attivismo quantistico. L’obiettivo di questo attivismo è esplorare le possibilità quantiche, moltiplicare le scelte quantistiche, sperimentare improvvisi balzi discontinui di creatività, elaborare il significato e rendere i frutti di questi sforzi tangibili e trasformativi nella società più o meno nello stesso modo in cui le religioni predicarebbero pratica delle virtù.

In Oriente, le tradizioni non hanno diviso la filosofia dalla religione come l’Occidente. L’intuizione è sempre stata al centro delle tradizioni orientali. Abbracciando le tendenze filosofiche e mistiche nei loro testi, storie e dottrine, le religioni tradizionali orientali sono più a loro agio nel muoversi tra intuizione, ragione e fede. La fisica quantistica presenta questa dinamica integrata alla mente occidentale. La ragione è possibile nell’intuizione. È un percorso di saggezza per gli occidentali con dati sperimentali per stimolare, soddisfare e correlare la mente della ragione con l’intuizione. La fisica quantistica riporta Dio nella filosofia e nella ragione. E quello che è forse il più rivoluzionario è che la fisica quantistica si rivolge a un vasto pubblico: al laico colto, al ricercatore spirituale e allo stesso filosoficamente inquisitore. Non ha ancora conquistato il mondo scientifico, ma sta arrivando. Questo nuovo paradigma non è solo per le curiosità d’élite di teologi o filosofi selezionati, è un messaggio per il mainstream.

Dalla rivoluzione francese a John F. Kennedy a Barak Obama ci fu un tentativo travagliato ma costante di alzare lo standard di vita per le masse, di salvare la classe media, di sollevarle, per così dire, da una schiavitù travolgente e dare loro tempo per elaborare il significato. Questo non è altro che preparare il terreno affinché un grande gruppo di persone si interessi ai valori e ai significati. Questo evento stimolerà l’evoluzione del pensiero occidentale. Il tempo sembra appropriato per abbracciare l’intuizione e la ragione in congiunzione con la fede e la devozione; coniugare scienza e religione, entrambe ardenti di filosofia. Ridefinendo il Dio popolare in termini di coscienza, la fisica quantistica ha respirato la vita nella divinità morta di Nietzsche completando la traiettoria da “Dio è morto” a “Dio non è morto”.

di Amit Goswami, PhD

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Fedro – Platone

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Socrate s’imbatte, nei pressi del Pireo, nel giovane Fedro, il quale, di ritorno da un incontro con Lisia, lo informa che l’oratore ha appena pronunciato un entusiasmante discorso sull’amore. Strada facendo i due scorgono un posto tranquillo lungo le rive del fiume Ilisso e si siedono sotto un platano, in pieno meriggio, in un incantevole prato. Socrate prega Fedro di riferirgli il discorso di Lisia.

La sostanza del discorso di Lisia che chi non ama è superiore a chi ama, e che dunque al non-amante deve concedersi chi ha caro se stesso. Le ragioni addotte da Lisia ruotano intorno al concetto che chi ama si trova in una condizione di scarsa lucidità mentale, il che lo rende spesso sgradevole e sempre inaffidabile.
Alla fine Socrate elogia la scaltrezza con cui Lisia è riuscito a dissimulare il fatto che in realtà ripete sempre gli stessi concetti, non più di due o tre, ed afferma che, anche rimanendo nel solco della tesi lisiana, molti argomenti potrebbero essere aggiunti. Sfidato da Fedro, Socrate, pur vergognandosi di improvvisarsi retore, glielo dimostra. Parlerà però a capo coperto, per l’imbarazzo di sostenere una tesi che non condivide.

L’errore più evidente di Lisia stato quello di non dare una definizione dell’oggetto del discorso, cioè l’amore: a ciò provvede Socrate, che, rimanendo nel solco della concezione negativa che ha Lisia dell’amore, lo definisce come “desiderio irrazionale di piacere che prevale sulla retta opinione, ha di mira la bellezza fisica e domina interamente chi lo prova”.

L’amante dunque è come un ammalato: non sopporta nulla che contrasti i suoi capricci, derivanti dal malessere che prova. Per questo tende, se può, a rendere suo schiavo l’amato, e per questo lo vuole in genere inferiore a sé (per età, per forza fisica o per altre ragioni) o, se non lo è, cerca di renderlo tale. Inoltre, quando guarisce dall’amore, diventa un altro uomo: di conseguenza non gl’importa pi nulla dell’amato. Questo rende evidente l’inconsistenza del sentimento d’amore, che è pertanto da giudicare negativo.
Alla fine Fedro, pur dichiarandosi pienamente convinto, chiede a Socrate di continuare il discorso: bisogna infatti chiarire perché il filosofo non condivida la tesi che pure ha brillantemente dimostrato. Socrate accondiscende, anche perché il suo dàimon lo sta rimproverando e gli chiede di fare ammenda del precedente discorso.

L’amore è follia, ma una divina follia (thèia manìa), ed è, come tutte le forme di divina follia, un dono divino: come tale non può che essere un bene: nasce dalla stessa radice da cui nascono l’arte e la profezia, altre forme di follia divina.

Per poter dimostrare quanto detto, bisogna prima aver chiara la natura dell’anima umana.
Essa è immortale [l’argomento, ampiamente svolto nel Fedone, viene qui riassunto nella considerazione che ciò che muove se stesso non cessa mai dal suo moto] e può essere paragonata ad una biga alata trainata da due cavalli e guidata da un auriga.

L’anima, prima di unirsi ad un corpo, vive in un mondo iperuranio, dove contempla le pure forme [le cosiddette Idee]; una volta incarnatasi, cioè contaminatasi con la materia, è costretta a successive reincarnazioni dopo la morte del corpo, con diversi destini a seconda del grado di avvicinamento al mondo delle Idee raggiunto in vita.

La vista della bellezza nei corpi provoca un estremo turbamento e un desiderio indefinibile e struggente di possesso, perché suscita in noi il confuso ricordo del Bello: le anime più elementari reagiscono a questo turbamento cercando il possesso fisico ed il piacere, perché confondono la bellezza con il corpo che ne è portatore; le anime più evolute avvertono un senso di smarrimento e di calore improvviso, un tormento e una specie di prurito, “come i bambini quando mettono i denti”: sono le ali dell’anima che spuntano, per riportarla in quel luogo dal quale essa proviene.

Ciò dipende dalla diversa indole dei due cavalli alati: uno, bianco, è di nobile temperamento, sensibile al richiamo dell’auriga; l’altro, nero, è rozzo e ribelle, e per di più completamente sordo. [Il primo cavallo rappresenta la componente volitiva, tò thymoeidès; il secondo cavallo rappresenta la componente appetitiva, tò epithymetikòn; l’auriga rappresenta l’elemento razionale, tò loghistikòn.

Se però alla fine l’auriga riesce a tenere a bada il cavallo nero, ecco che l’amore manifesta i suoi effetti potentemente positivi: anche l’amato si accorgerà prima o poi che l’innamorato coglie in lui la bellezza meglio di chiunque altro, ed a poco a poco finirà per desiderarne ardentemente la compagnia. L’amante, dal canto suo, si comporterà con rispetto e addirittura con venerazione, avendo riconosciuto nell’amato la componente divina del Bello.

Ma la confutazione di Socrate non finisce qui: neanche nel caso in cui l’amante e l’amato si lascino sopraffare dai sensi l’amore può essere definito un male: certo l’anima non metterà le ali, ma l’amore le infonderà almeno il desiderio di averle – se non in questa, in un’altra vita. Al contrario, chi non ha mai provato il vero amore resterà legato alla materia, ignorando ciò che la trascende.
Ben misera cosa appare dunque il rapporto con chi non ci ama, il quale, anche se animato dalle migliori intenzioni, non potrà dispensarci altro che beni terreni e c’insegnerà la grettezza, facendoci rotolare “per novemila anni intorno e sotto terra”.
A questo punto Fedro è costretto a riconoscere che Socrate ha parlato molto meglio di Lisia, il che offre lo spunto a Socrate per intavolare un altro discorso: cosa vuol dire “parlare bene” o “parlare male”? [E’ qui che Socrate narra il mito delle cicale, in origine uomini che per cantare si scordarono di mangiare e morirono: suppergiù la stessa fine che rischiano di fare ora lui e Fedro, che a forza di parlare si stanno dimenticando di tutto il resto].

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I primi passi sulla via dell’iniziazione

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Non ero uscita da un’esperienza dolorosa, da un trauma, o da una separazione. Anzi, le mie esperienze adolescenziali nel mondo esterno mi avevano regalato gioie, soddisfazioni ed ispirazioni. Non avevo ancora nulla dalla vita eppure sentivo di possedere qualcosa di assai prezioso: la coscienza. Mi guardavo attorno e mi appariva ben chiaro che i sensi fisici non dicevano tutto, che la realtà era infinitamente più vasta e misteriosa di quello che si prospettava davanti ai miei occhi.

Quando si osserva il passato alla luce della consapevolezza del presente, esso viene completamente reinterpretato. Già a quei tempi cominciavo ad avere un primo, seppur debole ed indefinito “risveglio”. Pensavo: “C’è qualcosa più di quello che vedo con gli occhi fisici. Il mio corpo fisico si addormenta durante la notte, la mia coscienza dorme a sua volta, ma ad un certo punto…mi trovo sveglia in un’altra parte, diciamo, un luogo non fisico. Eppure il mio corpo dormiva, ma io ero proprio in un altro luogo! E’ come se la mia coscienza risiedesse originariamente in un altro luogo, altrove, un luogo non collocabile nello spazio e nel tempo”

Frequentavo il primo anno del ginnasio. Fu l’anno scolastico più intenso e faticoso di tutta la mia carriera scolastica, perché nel liceo classico venivano poste le basi di tutte le conoscenze, nonché la base del corretto parlare: lo studio della grammatica italiana, greca, latina, per poter creare le basi per la traduzione delle versioni. Ma a cosa serviva tradurre brani scritti in lingue che non esistevano più? L’avrei compreso solo in seguito: serviva a creare strutture mentali per organizzare non solo un discorso ma lo stesso pensiero; soggetto, verbo, complemento oggetto, e altri complementi. Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché?  Serviva quindi a definire la struttura causa-effetto della realtà, che è la stessa del pensiero. E’ importante dare una struttura ordinata al proprio pensiero, perché- e questo l’avrei compreso solo in seguito- le intuizioni spirituali possano prendere vita efficacemente solo in una struttura mentale ordinata ed equilibrata. Se le strutture mentali sono troppo ingombranti, tuttavia, esse potrebbero ostacolare il libero fluire della conoscenza spirituale.

mistico

Il 24 marzo è una data che ricordo come un importante anniversario. Non a caso coincideva con l’equinozio di primavera, importante momento per qualunque pratica magica. Quando il sole entra nella costellazione dell’Ariete è un nuovo inizio, e così è stato per me, in quel giorno in cui gli studenti del mio liceo avevano programmato uno sciopero per partecipare ad un corteo-manifestazione.  Improvvisamente mi staccai dal corteo per camminare da sola e mi inoltrai in una strada che conduceva nella zona dove avevo trascorso insieme ai miei affezionati amici quella precedente estate. Un irrefrenabile impulso mi spinse ad entrare in una libreria e, tra i vari libri, uno in particolare mi chiamò. Era solo il primo tra quelli che sarebbero state le migliaia di libri di spiritualità ed esoterismo che avrei letto nel corso della mia esistenza. Quel libro si intitolava “Scopri e sviluppa i tuoi poteri paranormali” e si occupava del settore della “parapsicologia” che costituì per me un trampolino di lancio.  Già ben prima di questo libro mi ero convinta che nell’uomo risiedessero facoltà inesplorate, e che ordinariamente egli utilizzasse solo una piccola parte delle sue potenzialità.  Si ritiene comunemente, infatti, che ben il 70%, se non di più, delle attività e potenzialità cerebrali non venga impiegato. Percepivo già che ci fosse qualcosa di più dell’ordinario cervello, e che quest’ultimo fosse solo uno strumento di qualcosa di non fisico, invisibile ma assolutamente base di tutto ciò che esiste. Ero sempre più convinta che l’esistenza umana fosse ricca di misteri che la scienza non riusciva a spiegare. E’ per questo che mi sentii particolarmente attratta da quel libro.
Quello per me fu solo l’inizio di un viaggio lunghissimo, che mi avrebbe condotto là dove non avrei mai immaginato.

Dopo pochi giorni, durante una mia passeggiata nelle vie del centro città, una forza indefinita condusse i miei passi in una libreria che stava svendendo con lo sconto del 70% molti testi della casa editrice Melita che aveva ristampato importanti testi di esoterismo, spiritualità e magia.  Certi libri chiamano, oltre ogni causa razionale…chiamano perché così deve essere, perché quel determinato libro in qualche modo è già in se stessi, nella propria interiorità profonda. Il libro che in quella circostanza mi “chiamò” fu “La scienza occulta” di Rudolf Steiner.

La complessità del pensiero di Rudolf Steiner è pari a quella della sua opera, che comprende oltre ai testi fondamentali anche le numerosissime conferenze tenute in 25 anni, in un corpus composto da circa trecento volumi. Sulle fondamenta di quella che lui denomina “Scienza dello Spirito” si basa tutto un edificio che racchiude svariati campi del sapere, dalla filosofia alla pedagogia, dalla storia alla scienza, dall’agricoltura alla medicina. Steiner espone i fondamenti di una “disciplina occulta”, intesa come un cammino di conoscenza che ha come obiettivo l’evoluzione spirituale dell’uomo. Secondo Steiner ogni uomo può giungere alla conoscenza dei “mondi spirituali” e avere accesso ai “segreti iniziatici”, risvegliando le facoltà spirituali celate nel profondo della propria anima.  I sistemi di disciplina spirituale e le tecniche di meditazione da lui divulgate provengono da esperienze e scuole antichissime, tramandate da tradizioni spirituali sia occidentali che orientali.

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Secondo Steiner, la certezza del mondo fisico la si può accostare alla certezza del mondo spirituale, in una concezione del mondo spirituale come “spazio animico”. L’antroposofia è, secondo Steiner, la via tramite la quale è possibile conoscere l’uomo interiore, spirituale: la scienza dell’uomo spirituale.

L’antroposofia è una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo. Sorge nell’uomo come un bisogno del cuore e del sentimento. Deve trovare la sua giustificazione sul fatto che essa è in grado di offrire a questo bisogno un soddisfacimento. Può riconoscere l’antroposofia solo chi trova in essa quel che deve cercare per una sua esigenza interiore. Possono perciò essere antroposofi soltanto quegli uomini che sentono i problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sentono fame e sete.

Cominciai a leggere quel libro che per me è stato fondamentale, e che ho avuto modo di rileggere nel corso della mia vita, trovandovi sempre qualcosa di nuovo e utile. Da subito mi cominciai ad accorgere che i suoi contenuti mi erano già, in qualche misteriosa maniera, familiari. In particolare, nel terzo capitolo de “La scienza occulta”, viene spiegata la costituzione spirituale dell’uomo secondo la Scienza dello Spirito. L’essere umano è costituito dal corpo fisico, parte materiale del corpo umano, condivisa con il regno minerale; il “corpo eterico” è la componente vitale tipica del regno vegetale. Poi c’è il “corpo astrale”, sede delle emozioni e della vita interiore rappresentativa, nonché della percezione neurosensoriale. Infine c’è “l’io”, prerogativa dell’essere umano, che si articola in tre forme animiche (anima senziente, anima razionale, anima cosciente). In particolare, il capitolo “sonno e morte”dava in qualche modo una spiegazione alle esperienze di coscienza che avevo avuto durante il mio sognare infantile. Era come se io già conoscessi intimamente quei contenuti. Leggendo ciò che Steiner scriveva della vita interiore dell’uomo, rimasi colpita dalle indagini chiaroveggenti di Steiner riguardo al passato della Terra e dell’universo. Secondo Steiner la storia fisica come noi la conosciamo è solamente una piccolissima parte esteriore di una storia cosmica che ha origini nei piani spirituali in diverse ere. E poi mi soffermai sul capitolo che impressionò di più: quello della pratica spirituale di sviluppo degli stati di coscienza: immaginazione, ispirazione, intuizione.

Avevo appena compiuto quattordici anni quando cominciai ufficialmente il cammino spirituale, ossia quando, davanti al potere supremo chiamato vita, pronunciai il solenne giuramento che avrei dedicato la mia vita intera allo Spirito.

Era già arrivato per me il momento di praticare.  Già avvertivo, infatti, l’importanza della pratica interiore, che rendeva speciale e peculiare l’esoterismo nei confronti degli altri campi del sapere. Nei testi di parapsicologia erano esposti in maniera chiara alcuni esercizi di visualizzazione, concentrazione, silenzio mentale, che avevano lo scopo di far raggiungere alla mente del praticante il cosiddetto “stadio alfa”. A questo scopo sono essenziali le tecniche di rilassamento.

Le mie letture cominciarono rapidamente ad espandersi. Al termine dell’anno scolastico trascorsi le vacanze estive interamente immersa sia in uno studio teorico, sistematico e attento delle opere esoteriche di vari autori, che nella pratica delle tecniche interiori che cominciavo gradualmente ad apprendere. Parte integrante dei miei studi iniziali vertevano sulla storia dell’esoterismo, che mi consentì fin da subito di conoscere teoricamente gli indirizzi fondamentali e gli autori di quello che, cominciavo a rendermi conto, era un campo vastissimo e variegato. E’ come la storia della filosofia, la storia della letteratura, la storia dell’arte, che si studiano per correnti e autori: la storia dell’esoterismo è cominciata con la nascita dell’uomo e si è sviluppata nello spazio e nel tempo, rivolgendo all’umanità un messaggio universale che però, incarnandosi nella dualità, ha assunto forme e modalità diverse nel tempo e nello spazio.

Questo per me era solo l’inizio di un lungo viaggio che già mi catturava e assorbiva completamente. In quei primi mesi mi era già assolutamente chiaro che avrei dedicato tutta la mia vita a quello che identificavo come “cammino spirituale”, due semplici parole, magari banali, che però indicavano qualcosa che avrebbe interamente condizionato la mia esistenza. Nei primi tempi le letture si concentrarono sugli autori e scuole esoteriche occidentali: l’antroposofia, Cornelio Agrippa, Eliphas Levi, Paracelso, la Teosofia, la Golden Dawn, Papus,  e tanti altri.

Una sera di luglio, dopo tante ore di lettura, chiusi gli occhi e mi immersi in un profondo rilassamento. Improvvisamente, immagini di quello che sembrava un lontano passato, cominciarono a sfilare dinanzi al mio sguardo interiore: mi trovavo in una grande sala e partecipavo ad una cerimonia-rituale, nella quale gli adepti indossavano un’alba bianca. Grande era l’energia sprigionata dalle parole e dai movimenti dei presenti. Dopo lunghi secondi di attenta e stupita contemplazione, quelle immagini furono risucchiate dalla profondità dalla quale erano poco prima sorte. Cosa era stato, sognante fantasia stimolata dalle letture esoteriche? Ricordi di un lontano passato, in qualche modo appartenente a me, o a qualche altra persona? Stavo forse attingendo alla memoria cosmica, nella quale sono contenute tutte le immagini di ciò che è accaduto, e che nell’esoterismo rinascimentale era chiamato “luce astrale”?  Un’immagine di un mio probabile futuro? L’avrei scoperto solo vivendo.

Mi affascinava, in particolare, il concetto di “luce astrale” che avevo appena appreso e che risuonava profondamente in me nella sua profonda verità: una grande ed impersonale memoria immaginativa di pensieri, emozioni, sentimenti, eventi, memoria a cui è possibile attingere in qualunque momento, se opportunamente sintonizzati. Questo concetto mi sembrava intensamente vivo, in quanto percepivo che ciò che leggevo non era carta morta ma era vivente, come era ancora vivente il pensiero di quegli autori che vibrava in me se solo chiudevo gli occhi tra una riga e l’altra.

La mia pratica di quei primi mesi consisteva in un’iniziale seduta di rilassamento. Per alcuni mesi praticai anche il training autogeno di Shultz, in particolare l’esercizio del calore e della pesantezza, che incrementavano il mio stato di rilassamento. In seguito introdussi la concentrazione su un oggetto per almeno cinque minuti, e la visualizzazione, che consisteva nell’esercitarmi a visualizzare forme geometriche o i colori, in particolare il blu. E poi, tecnica importante che non avrei mai abbandonato: il silenzio interiore, di cui solo negli anni successivi avrei compreso l’estrema importanza.

Notavo che quando raggiungevo profondi stati di rilassamento, veniva modificato il mio stato di coscienza; ad un certo punto mi trovavo dinanzi ad un confine, una soglia che presentava due alternative: una era quella di scivolare nel sonno, l’altra quella di esplorare un nuovo stato di coscienza, intenso e profondo. Il corpo diventava impercettibile, anche se la lotta per raggiungere un rilassamento autentico era dura. Il corpo costituisce per definizione un ostacolo che sembrerebbe insormontabile. Occorre tanto esercizio e molta forza di volontà per ottenere un rilassamento vero e proprio. E’ estremamente facile il formarsi di contratture muscolari che persistono nel tempo, fino a diventare croniche; più difficile, invece, decontrarre ciò che è persistentemente contratto, molto spesso a causa di blocchi psicologici od emotivi, ma spesso per la tensione con la quale si eseguono esercizi psichici particolarmente impegnativi.

Il problema che cominciai ad riscontrare negli esercizi era che, una volta raggiunto un discreto rilassamento, nel momento in cui cominciavo a concentrarmi o a svolgere qualsiasi attività interiore come la visualizzazione, sorgeva qualche tensione in qualche punto del corpo, ad esempio nel collo oppure nell’addome. E’ un ostacolo che mi portai avanti per lungo tempo. In seguito notai che, proseguendo nella pratica, la tensione fisica veniva poi ridotta man mano che si approfondiva il livello di concentrazione (fenomeno che poi avrei identificato come “passaggio dalla coscienza cerebrale alla coscienza spirituale”), fino a scomparire del tutto man mano che diventavo capace di raggiungere profondi stati di concentrazione o silenzio interiore. Solo nell’anno seguente avrei compreso l’importanza e il significato della pratica della concentrazione-silenzio interiore, attraverso le opere di Massimo Scaligero. Gli ostacoli degli esercizi non mi scoraggiavano, anzi mi incitavano a continuare nella pratica per migliorare. Mi accorgevo che le tecniche spirituali avevano bisogno di estrema costanza, proprio come in tutti i campi della vita. Nel mondo ordinario, infatti, qualunque professione è basata non soltanto sullo studio teorico, presupposto basilare, ma prende vita solo con la pratica, attraverso l’esperienza e la ripetizione costante.

Hermelinda

Tratto dal libro: MEMORIE DI UNA VIAGGIATRICE DELLO SPIRITO

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La legge esoterica del Tre, fra mistica ebraica, esoterismo vedico ed alchimia.

Uno studio attento delle scienze esoteriche ci permette di collegare tradizioni lontane solo in apparenza, ma che rimandano ad un’unica, atemporale, conoscenza. La legge del tre, enunciata in occidente in modo più divulgativo da Gurdjieff, fu così descritta: “Ogni cosa nel mondo, tutte le manifestazioni di energia, tutti i tipi di azione, sia nel mondo che nell’attività umana, sia interni che esterni, sono sempre manifestazioni delle tre forze che esistono in natura. Queste forze sono chiamate: attiva, passiva e neutralizzante…”

  Ma per comprendere più in profondità tale legge occorre chiarire il concetto di multi-dimensionalità.  Le varie tradizioni spirituali hanno affermato l’esistenza di altre dimensioni oltre quella  materiale. Oggi la teoria scientifica delle Stringhe lo conferma.  Secondo tale studio (perfettamente strutturato matematicamente) esistono almeno dieci dimensioni, oltre le quattro comunemente studiate dalla fisica. Ciò coincide perfettamente con la visione della scienza cabalistica delle dieci Sephirot, come dieci livelli di manifestazione dimensionale del divino nella materia:

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  Le dieci Sephirot, qui collegate ai centri energetici dei Chakra, non sono soltanto dei piani di esistenza fisica, ma simboleggiano qualità, virtù, stati di coscienza, che l’essere umano deve raggiungere, per elevarsi spiritualmente. In termini fisici si tratta di aumentare la propria frequenza vibrazionale, portando ogni aspetto di sé ad un completo servizio della luce divina, massima vibrazione. Tale vibrazione aumenta velocemente mediante la Bhakti, l’amore verso Dio. Guardiamo meglio queste dimensioni, per paragonarle poi alla tesi scientifica delle Stringhe. L’uomo incarcerato nel proprio falso ego vive al livello dei tre chakra inferiori, che corrispondono alle quattro sephirot più basse; chi non riesce ad andare oltre queste vibrazioni ancora meccaniche ed istintive non può che percepire solo le quattro dimensioni classiche del mondo materiale. Chi riesce a portare il proprio stato di coscienza oltre l’animalità inizia a percepire altre dimensioni.  Le Sephirot in basso sono qui rappresentate:

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  Nella Scienza Sacra della Kabbala ritroviamo una sintesi perfetta dell’intero sapere esoterico, comprendente astrologia, alchimia e psicologia sacra. Da un punto di vista fisico Malkut corrisponde alla dimensione Tempo (“Il tempo è il mio territorio” diceva Goethe) e l’uomo vive una dimensione materiale grazie al tempo. Mentre  Netzach, Iesod e Hod rappresentano le tre dimensioni spaziali: altezza, larghezza e profondità:

Sephirot Psicologia esoterica

e Kabbalistica

Guna (condizionamento materiale) Dimensione spaziale Lavoro alchemico
Netzach La Vittoria

(A questa dimensione è associata Venere, l’amore materiale, distorsione di Prema, amore puro)

Rajas (Passione)

Altezza

(La Vittoria è un salire verso l’alto; come la Passione può trascinare verso il basso,  l’Amore può portare fino all’altezza suprema: Dio)

Lussuria da trasformare in Amore

(fase Rubedo)

Iesod Il Fondamento

(A questa dimensione è associata la vita organica, ripetitiva e gestita dagli istinti)

Tamas (Ignoranza) Larghezza

(Il Fondamento è la Base, la lunghezza su cui si costruisce ogni cosa. Può degenerare nella staticità piatta della palude o diventare Servizio continuo, come una retta infinita)

Pigrizia

da trasformare in Servizio

(fase Nigredo)

Hod La Gloria

(A questa dimensione è associata l’intelligenza, il Logos)

Satva

(Virtù)

Profondità

(L’intelligenza, che scava ogni fenomeno in profondità, può diventare ipocrisia o glorificazione di Dio)

Ipocrisia da trasformare in Verità Spirituale  (fase Albedo)

In realtà la Scienza delle Sephirot è inesauribile, ma questo schema può essere di grande aiuto per iniziare il lavoro su sé stessi. L’essere umano si trova prima di tutto a fare i conti con la sfera di Malkut, il Regno opaco della materia con tutte le sue leggi limitanti; cosa fare? Prima di tutto occorre svolgere il proprio dovere (come suggerisce Sri Krishna ad Arjuna nel secondo Capitolo della BhagavadGītā ); assumendo  le responsabilità del nostro Dharma purifichiamo noi stessi e ciò che ci circonda; colui che non compie i propri doveri quotidiani come potrà lavorare sulle tre Sephirot successive? Come potrà trasformare la lussuria in amore, la pigrizia in servizio e l’ipocrisia in verità? Abbiamo tutti un grande compito da svolgere, come ha detto il Maestro Aïvanhov: “Un giorno l’universo tornerà ad essere luce e rientrerà nel suo stato primordiale di purezza e trasparenza. […] La materia è altrettanto sacra, altrettanto santa quanto lo spirito, perché figlia dello spirito.” Si tratta di fare una grande opera vibrazionale, su sé stessi e sulla propria realtà, solo così l’opacità della materia recupererà la trasparenza dello spirito. Come possiamo accelerare tale processo?

Lavorando con la Sephirot successiva, che corrisponde al chakra del cuore: Tiferet, il Sole, la Bellezza Suprema. Non a caso il neoplatonismo indicava nella contemplazione della bellezza una via maestra per elevare l’anima al divino. La Bellezza suprema coincide con il Bene e la bontà suprema, ecco il grande nesso tra Etica ed Estetica che l’umanità ha smarrito; non ci si può stupire che una società che coltiva brutture e orrori degeneri anche eticamente…Ecco il ruolo santo dell’artista, colui che può far agire la potenza vibrazionale di Tiferet sul mondo. Per fare ciò l’artista stesso deve lavorare sulle sfere più basse, purificandosi in modo tale da poter ricevere le forme assolute della Bellezza. Così hanno fatto uomini come Leonardo, Raffaello, Goethe, Bruckner, Mahler e tanti altri…I tre Guna nell’esoterismo vedico riassumono tutti i livelli di condizionamento materiale a cui la coscienza è soggetta. La scienza dei Guna proprio perché indica le nostre catene ci indica anche il modo per spezzarle. In realtà nella nostra caduta libera siamo in possesso di un formidabile paracadute, il paracadute della conoscenza vedica, ma bisogna essere consapevoli dell’esistenza di questo paracadute per poterlo azionare. Ma qui sorge un antichissimo problema filosofico: come conciliare il forte determinismo dei guna col libero arbitrio? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima analizzare in modo corretto ognuno dei tre guna. Krishna inizia dicendo:

    sattvam rajas tama iti / gunāh prakrti-sambhavāh / nibadhnanti mahā-bāho / dehe dehinam avyayam.  ( Cap. 14, verso 5)

    Sattva, Rajas e Tamas sono i tre guna, i tre legami prodotti dalla natura materiale; [Arjuna] dalle braccia potenti, essi condizionano la coscienza dell’essere vivente eterno quando assume un corpo.

   Krishna ci informa subito dicendo che l’essere vivente, l’anima, l’energia di pura coscienza, in realtà è incondizionato nella sua natura eterna, ma nell’assumere un corpo l’essere è come costretto a subire il giogo di queste tre influenze. Ogni guna può essere paragonato ad una macro-struttura, ad una dimensione fondamentale dell’energia materiale, così come lo spazio stesso è strutturato secondo tre dimensioni (che corrispondono in realtà, come vedremo, ad  ognuno dei tre guna). Una volta immersi nello spazio, a causa dell’identificazione col corpo, non possiamo che muoverci in lunghezza, in altezza o in profondità; muoversi in altre direzioni o dimensioni significherebbe trascendere la natura dello spazio materiale; analogamente una volta immersa nella mente materiale

la nostra coscienza potrà muoversi secondo le strutture del Sattva, del Rajas e del Tamas. Vediamo queste strutture in dettaglio:

   tatra sattvam nirmalatvāt / prakāsakam anāmayam / sukha-sangena badhnāti / jñāna-sangena cānagha.  (cap. 14, verso 6)

   Il Sattva, essendo il più puro, illumina e purifica l’anima da ogni impurità; esso condiziona la coscienza legandola al benessere e alla conoscenza, o [Arjuna] senza-peccato.

    Chi vuole svegliarsi durante un magnifico sogno? Nel Sattvaguna la nostra coscienza è legata all’illusione materiale in modo armonioso,  il benessere interiore ed esteriore proseguono di pari passo e le felicità sembra essere qualcosa di concreto…La conoscenza è un nostro possesso naturale e senza sforzo la nostra mente riesce a cogliere verità sempre più elevate. Ecco perché il Sattva  è una dimensione preziosa e pericolosa nello stesso tempo, in tale stato l’illusione non provoca il dolore che analizzeremo nei guna successivi; molti restano legati a questo guna per molte vite, senza rendersi conto che si tratta di una gabbia d’oro, una superba illusione che incatena la nostra coscienza alle quattro sofferenze fondamentali: nascita, malattia, vecchiaia e morte. Ma un uso corretto del Sattva è la benedizione più grande, poiché solo in questa dimensione la mente può iniziare a comprendere le verità superiori e i metodi per realizzare la vera felicità, dove non esiste alcuna sofferenza. Ecco perché le persone sattviche dovrebbero ricercare un maestro spirituale per non sprecare inutilmente il guna più adatto al percorso interiore. E di solito queste persone sono alla ricerca del Maestro e lo cercano nei libri, nelle tradizioni, nella scienza, nella filosofia…Ma senza la guida adatta anche loro rischiano di perdere questa dimensione di serenità e benessere relativo. Ma coloro che hanno compreso la conoscenza vedica sanno come utilizzare questo guna. Esso è come una piattaforma che può essere usata per attraversare l’oceano della sofferenza e del ciclo di nascita e morte, il Sattva è una zattera ideale…

Abbiamo visto che il guru è colui che ci guida in questa navigazione, ma ora dobbiamo comprendere come sviluppare sempre più il Sattva, dato che ci troviamo in un periodo storico dell’umanità dove non predomina questo guna. Anche in altri testi vedici Krishna consiglia di coltivare questo guna, poiché è l’unico dal quale possiamo trascendere ogni condizionamento materiale. Perché? Perché esso ci consegna due chiavi importanti per aprire la porta del cammino dello yoga: il benessere e la conoscenza. Come si può svolgere qualsiasi compito quando la nostra mente è immersa nel dolore? Come meditare su Dio quando un atroce mal di denti ci attanaglia?  Il saggio autentico usa subito la propria salute fisica e mentale per concentrarsi sulla pratica interiore e non per andare alle Bahamas…L’altra chiave è la conoscenza. Ma davvero sattvica è la conoscenza che ci parla della trascendenza; come ogni aspetto materiale anche la conoscenza è influenzata dai tre guna. I testi vedici ci offrono questa conoscenza, ma se la nostra mente è poco sattvica comprenderà ben poco di queste leggi…La Bhagavad-Gītā ci indica come coltivare il Sattvaguna:

“ L’azione dettata dal dovere e compiuta senza attaccamento, senza attrazione e repulsione, e senza desiderio per i frutti che ne derivano, è influenzata dal Sattva. […] chi compie il proprio dovere…con grande determinazione ed entusiasmo, impassibile nel successo o nel fallimento, è una persona situata nel Sattva. […] Anche il cibo preferito da ogni persona appartiene a tre categorie che corrispondono alle tre influenze della natura materiale. […] I cibi graditi a coloro che sono situati nel Sattva accrescono la durata della vita, purificano l’esistenza e danno forza, salute, felicità e soddisfazione. Questi alimenti sono succosi, grassi, sani e graditi al cuore.”

Dobbiamo esaminare due aspetti: l’azione e il cibo. Ciò che manifestiamo e ciò che accogliamo determina il guna che ci influenzerà maggiormente. Se ci accorgiamo di non compiere le nostre azioni nella modalità indicata dalla Bhagavad-Gītā allora il Sattva è poco presente; ma come è possibile modificare le nostre azioni se sono proprio influenzate da altri guna? Abbiamo due possibilità: cercare la compagnia di persone sattviche o sforzarci di agire in modo diverso, diventando consapevoli delle nostre azioni meccaniche. Ogni tipo di yoga si basa su uno sforzo cosciente. Perché, altrimenti, Krishna starebbe trasmettendo questo sapere esoterico? Se non avessimo la possibilità di osservarci e di correggerci la conoscenza non avrebbe alcun valore. Vivere secondo questo sforzo viene indicato in sanscrito col termine Sadhana. Chi ha voglia di alzarsi alle tre del mattino per fare una doccia, recitare dei mantra e leggere la  Bhagavad-Gītā? Eppure quante persone fanno sforzi ancora più grandi per poter godere di piaceri effimeri o per denaro? Qui si inserisce il tema del libero arbitrio. Una volta ricevuta la conoscenza esoterica la coscienza può scegliere; già il semplice fatto di leggere o ascoltare questa conoscenza purifica la nostra coscienza, mettendola in grado di scegliere. Anche se siamo costantemente sotto l’influenza dei tre guna ad ogni istante la nostra natura trascendente si può manifestare. Come scriveva giustamente Schopenhauer (che aveva ben meditato sulla Bhagavad-Gītā):

“  La libertà dunque non è eliminata dal mio discorso, ma soltanto spostata, cioè portata dal territorio delle singole azioni, dove sappiamo che non la si può incontrare, più in alto, in una regione superiore, ma non facilmente accessibile alla nostra conoscenza, il che vuol dire che è trascendentale.”  Schopenhauer aveva compreso, anche grazie allo studio dei testi vedici, che la coscienza, l’essere-in-sé, ciò che è supera il mondo fenomenico, è libero, incondizionato; ma questa libertà si esprime nel mondo fenomenico attraverso il desiderio, che il filosofo chiamava Volontà. Il nostro desiderio è sempre libero ed è in base ad esso che la scintilla d’energia, la Jiva, si è ritrovata a dover seguire gli ordini dei guna. Ma nell’istante in cui il desiderio dell’anima cambia direzione anche i guna iniziano a trasformarsi. Certo, il mutamento dipende dal livello di coscienza della persona e dall’intensità del desiderio. Può esserci un cambiamento radicale o graduale. La storia di ogni essere umano ci mostra tanti esempi di questi mutamenti. In ambito religioso, e non solo, si parla di conversione. William James ha notato in proposito:

“ Le conversioni, sia politiche o scientifiche o filosofiche o religiose, sono uno degli altri modi coi quali le energie prigioniere vengono messe in libertà.  Esse unificano e mettono un termine ad antiche interferenze mentali. Il risultato è la libertà…”  Questo accade proprio perché vi è una irruzione di un’energia libera in una dimensione determinata, fenomenica. Abbiamo già visto che questa energia è l’anima stessa, la Jivashakti, la vera fonte della nostra coscienza, ciò che noi siamo realmente e ontologicamente. La coscienza (sempre libera però immersa nel sogno dei guna) si manifesta attraverso la mente nel cervello e modifica la direzione che il guna predominante stava svolgendo. Ormai vi sono nuovi studi e nuovi paradigmi scientifici che dimostrano l’esistenza di una coscienza autonoma rispetto alla materialità del cervello. Gli studi del premio Nobel  Sir John Eccles, sulle sinapsi, hanno portato a queste conclusioni scientifiche: “L’ipotesi interazionistica ecclesiana si fonda sul concetto secondo cui tutti gli eventi mentali e le esperienze rappresentano combinazioni di eventi mentali unitari chiamati psiconi. […] L’interazione reciproca tra mente e cervello sarebbe dunque caratterizzata da un’interazione che si svolge in modo unitario tra uno psicone ed un dendrone che gli corrisponde. […] Secondo Eccles, gli psiconi avrebbero vita autonoma in un loro mondo: il mondo degli psiconi, cioè il mondo dell’Io.”

  Uno dei massimi fisici del mondo, Roger Penrose, ritiene che la coscienza non sia riducibile a dei semplici meccanismi elettrici e chimici del cervello; del resto non vi è alcuna prova del fatto che la coscienza sia prodotta dal cervello; cervello e coscienza sono semplicemente concomitanti, come lo sono un’orchestra sinfonica che suona a Parigi e una radio che ne sta trasmettendo il concerto. È per pura ideologia che certi studiosi continuano a credere che la coscienza e l’Io siano dei prodotti della materia; in realtà  altri studi scientifici  affermano:  “I tentativi di riprodurre il tutto artificialmente servendosi dei mezzi classici non hanno mai funzionato. C’è voluto del tempo per risolvere il rompicapo: le proteine approfittano direttamente degli effetti quantistici per compiere attività che risulterebbero altrimenti assolutamente impossibili. In particolare, le proteine si avvantaggiano dell’effetto tunnel.” Inoltre: “Penrose e Hameroff ci dicono che l’origine della coscienza non è nel cervello ma in un ‘mondo assoluto’ come la schiuma quantistica sulla scala di Planck. Non ci sono arrivati facendo speculazioni astratte avulse dal contesto della realtà, ma semplicemente analizzando le funzioni specifiche del cervello e riuscendo a trovare una caratteristica  strutturale – il microtubulo – che trasforma il cervello in una centralina in grado di connettersi con…il mondo delle idee.”  In sostanza la nostra coscienza è libera ma deve avvenire uno sforzo, una sorta di shok perché essa possa intervenire a livello quantistico e modificare i nostri determinismi mentali. È qui che la psicologia è ancora del tutto insoddisfacente e dogmatica; come può la psicologia essere di reale aiuto all’essere umano se non comprende che la coscienza non è il cervello?

Solo grazie a questa comprensione è possibile poi operare sulle relazioni tra mente e cervello. Una coscienza risvegliata dalla conoscenza vedica può decidere se modificare la mente verso il Sattva; ma la modalità che aiuta molto ad acquisire il Sattva è la compagnia di persone sattviche; la nostra mente è influenzabile sotto diversi aspetti, ma è soprattutto l’aspetto sociale che determina la struttura mentale dell’individuo; su questo punto moltissimi studi psicologici e sociologici dimostrano questa verità. Se analizziamo le storie delle grandi conversioni ritroviamo sempre  questi due elementi: l’incontro con una conoscenza superiore o con persone che si trovano ad un livello di coscienza superiore, o entrambe le cose.  Passiamo ora ad un argomento molto importante, purtroppo sottovalutato dalla psicologia odierna, il cibo. In realtà nella cultura vedica viene considerato alimento tutto ciò che entra a contatto con i nostri sensi. Quindi non è cibo solo ciò che ingeriamo, ma anche ciò che vediamo, ciò che ascoltiamo, ciò che tocchiamo e ciò che odoriamo. La visione e l’ascolto sono le due fonti più rilevanti, poiché la mente è molto influenzata dalle immagini e dai suoni.

Quindi quando Krishna tratta di cibi Sattvici fa sì riferimento a ciò che viene cucinato e poi ingerito, ma si riferisce anche a immagini e suoni sattvici. Dato che il cibo solido e liquido viene assunto più di una volta al giorno e tutti i giorni la cultura vedica lo considera giustamente fondamentale. Ciò che mangiamo struttura la nostra mente. Questa nozione è espressa anche nella  Chāndogya Upanişad: “ Il cibo mangiato si divide in tre parti: la parte più grossolana diventa escremento, la parte più sottile diventa corpo, la parte ancora più sottile diventa mente. […] Quando il cibo è puro, c’è purezza della mente.” Ogni contatto con l’energia materiale significa contatto con i guna, con una certa struttura e vibrazione; la vibrazione dei cibi sattvici rende la mente sattvica, come il fuoco rende infuocato tutto ciò con cui viene a contatto.  Quali sono questi cibi? Krishna li ha sinteticamente descritti: sono cibi sani, succosi, adatti alla salute umana. la tradizione dello yoga indica in questo senso l’alimentazione vegetariana come l’alimentazione sattvica; cereali, frutta, verdure, latte portano la mente ad una vibrazione sattvica, pronta per la conoscenza e la felicità. Possiamo già comprendere da ciò i gravi danni che le abitudini non-vegetariane della società moderna apportano alla psiche umana. Oggi diversi studi scientifici stanno avvalorando questa tesi vedica, come le ricerche del dottor Kaplan dell’università canadese di Calgary, che hanno dimostrato quanto un’alimentazione vegetariana sia decisiva per evitare stati depressivi. Infatti vitamine e minerali presenti in frutta e verdura influenzano la mente in modo anti-depressivo, riducendo anche stati d’ansia. Il dottor Eric Brunner ha dichiarato in uno studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry che i livelli antiossidanti presenti nella frutta e nella verdura hanno un notevole effetto protettivo nei confronti della depressione.

Krishna indica non solo cibi vegetariani ma cibi sani, naturali. Con le industrie alimentari sono nati cibi con additivi chimici, come i coloranti e i conservanti, i quali hanno un effetto negativo sulla mente, non rientrando nella naturalezza del  Sattva: “I coloranti artificiali per alimenti dovrebbero essere vietati nell’interesse della salute pubblica. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton sostiene che la rimozione di queste sostanze dai cibi farebbe calare i livelli d’iperattività nei bambini piccoli. Il 20 luglio 2010 è entrato in vigore il Regolamento europeo n. 1333/2008, che impone la frase ‘può influire negativamente sull’attività e l’attenzione dei bambini’ sull’etichetta dei prodotti colorati con E102, E104, E110, E122, E124 ed E129”.  La conoscenza vedica possiede da sempre questa conoscenza sottile che ci aiuta a vivere in modo sano; la società moderna, invece, sta sprofondando nella catastrofe e a fatica la ricerca scientifica ritrova quelle verità che la Bhagavad-Gītā trasmette da millenni. Il lettore sa ora come alimentarsi per avere una mente serena e illuminata. Le scritture vediche indicano anche i luoghi sattvici: le foreste, i boschi, la campagna; vivere a contatto con la natura sviluppa il Sattva. Passiamo ora ad analizzare gli altri due guna,  il Rajas e il Tamas.  A proposito del Rajas Krishna dice:

   rajo rāgātmakam viddhi /   trisnā-sanga-samudbhavam / tan nibadhnāti kaunteya / karma-sangena dehinam  (cap. 14, verso 7)

   Sappi che il  Rajas, o figlio di Kunti, è caratterizzato da ardenti passioni; esso è  fonte di bramosia e di attaccamento e lega la coscienza dell’anima ai frutti delle azioni.

  Il Rajas, o rajoguna, è il responsabile delle azioni e riempie il cosmo intero di passione; mentre il sattva garantiva l’equilibrio e l’armonia il rajas è la dimensione dei desideri ardenti, del fuoco inestinguibile  di coloro che vogliono godere dei miraggi del mondo materiale. Quali sono gli effetti di questo guna su coloro che ne sono dominati? È facile intuirlo, ma Krishna così afferma: “…dal rajas si sviluppa l’avidità”  È per questo che le persone rajasiche non potranno mai essere soddisfatte, sempre in ansia per la realizzazione dei propri desideri e mai sazi, anche quando qualcosa di effimero si realizza. In questo stato di coscienza l’anima sperimenta ansia, angoscia e non può di certo dedicarsi alla conoscenza. Ecco perché questo guna non deve mai prevalere. Occorre quindi evitare la compagnia di persone dominate dal Rajas. Anche i luoghi rajasici sono sconsigliati.  Le scritture vediche considerano le città luoghi dove predomina il rajoguna.

Per quanto riguarda il cibo Krishna afferma: “ I cibi troppo amari, troppo aspri, salati, piccanti, pungenti, secchi e bruciati sono preferiti da chi è dominato dal Rajas. Essi generano sofferenza, infelicità e malattia.” Una cucina a base vegetale troppo cotta o troppo salata e piccante è da evitare, poiché aumenta l’aspetto rajasico della nostra mente. È da notare il fatto che ogni guna tende a volerci dominare e cerca di mantenere la propria influenza; più coltiviamo un guna e più sarà difficile sfuggire alla sua influenza; ecco perché una persona dominata da un guna tenderà a ricercare qui cibi e quelle compagnie che lo rinforzano. Ma il guna da abbandonare maggiormente è il Tamas. L’uomo passionale può anche passare con una certa semplicità alla virtù del Sattva, ma colui che è immerso nell’oscurità del Tamas rischia di restarvi per molte vite…Così Krishna descrive il terzo e ultimo guna:

   tamas tu ajñāna-jam viddhi / mohanam sarva-dehinām / pramādālasya-nidrābhis / tan nibadhnāti bharata.

   Sappi, o discendente di Barata, che il Tamas ha origine dall’ignoranza ed è causa di illusione per tutte le anime; esso incatena la coscienza alla follia, alla pigrizia e al sonno.

   Mentre l’essere umano rajasico può ancora intravedere la luce del sattva, l’essere perduto nel tamas rischia di sprofondare nell’oscurità più devastante. Ecco perché una reale conoscenza dei tre guna dovrebbe essere alla base di una società davvero civile; l’influenza del tamas dovrebbe essere evitata il più possibile attraverso una educazione adeguata, ma il problema dalla società moderna consiste proprio nel fatto che essa è dominata proprio dal tamas…Ciò rende questa conoscenza di inestimabile valore. La coscienza intrappolata nella prigione del tamas soffre terribilmente e causa sofferenza a tutti gli altri esseri; l’essere umano, in preda alla follia, alla pigrizia e alla sonnolenza, come può aiutare sé stesso e gli altri.

È da subito chiaro che l’uso di droghe è del tutto tamasico. Eppure la società moderna è molto indulgente (per ovvi interessi economici) verso sostanze come la nicotina, l’alcol, la caffeina, come se si trattasse di mali minori. Ma l’effetto che queste sostanze hanno sul corpo e sulla mente è del tutto tamasico. La Bhagavad-Gītā è molto seria al riguardo, soprattutto quando afferma: “…chi muore sotto l’influenza del tamas rinasce nel regno animale.” A differenza di molte scuole pseudo-spirituali new age che affermano l’impossibilità di regredire in forme animali una volta raggiunta la forma umana, la tradizione vedica afferma invece  che questa possibilità esiste ed è molto probabile in una società come quella moderna. Perché ciò accade? Perché la forma che l’anima assume nella vita successiva incarna perfettamente lo stato di coscienza dominante; se l’essere umano ha scelto di degradarsi riducendo la propria coscienza allo stato tamasico tipico degli animali il karma lo esaudisce. È sempre il nostro desiderio che decide. Se desideriamo regredire torneremo ad assumere la forma di un cane o di una tigre…Ecco perché tutti i saggi autentici affermano in modo perentorio di abbandonare totalmente ogni tipo di influenza tamasica, in particolare quella dei cibi e delle droghe. I cibi tamasici sono così descritti: “ Il cibo cotto più di tre ore prima d’essere consumato, privo di gusto, decomposto e putrido, e il cibo costituito di avanzi e di cose intoccabili, piace a coloro che sono dominati dalla più oscura ignoranza.”

Ecco perché l’alimentazione vegetariana è decisiva per una società etica e sana nel corpo e nella mente, poiché il consumo di carne, pesce e uova è del tutto tamasico. Il verso della Bhagavad-Gītā è molto chiaro, parla esplicitamente di cibi in decomposizione e putridi. Cosa vi è di più decomposto e putrido di un cadavere? Eppure il mondo intero considera, come diceva Plutarco, questi cadaveri dei manicaretti squisiti…È l’influenza del Tamas, dell’ignoranza, che impedisce a molte persone di rendersi conto che stanno mangiando un corpo morto…Non a caso i grandi artisti e i grandi filosofi dell’umanità erano vegetariani, o, come si diceva nell’antichità, pitagorici. Oggi molte ricerche mediche hanno ormai dimostrato che non solo non è necessario per l’essere umano nutrirsi di carne e pesce, ma questi “cibi” producono nell’organismo umano gravissime malattie, come tumori e problemi circolatori e cardiaci.  Ma la conoscenza vedica, sintetizzata nella Bhagavad-Gītā, affermava da millenni: “ Chi rinuncia alla carne e all’alcol, è bene intenzionato, si impegna ed è puro, non soffrirà di pazzia, interna o esterna che sia la causa. Egli conserva le sue facoltà mentali.” Queste parole tramandate dalla medicina āyurvedica si basano sulla conoscenza dei tre guna e sugli effetti che le sostanze tamasiche hanno sul corpo e sulla mente. In un verso dello Srimad-Bhagavatam possiamo leggere:

“ Quando l’influenza dell’ignoranza prevale sulla passione e sulla virtù, copre la coscienza individuale e rende sciocchi e ottusi. Una persona influenzata  dall’ignoranza cade nel lamento e nell’illusione, dorme eccessivamente, nutre false speranze e ha un comportamento violento verso gli altri.”

  Lo stato tamasico è devastante quando diventa lo stato predominante. Ogni Guna cerca d’avere il predominio, ma sta allo sforzo di ogni essere umano coltivare il sattva, evitando così di sprofondare in uno stato di coscienza del tutto oscurato. La famiglia e le scuole dovrebbero essere realtà dove viene sviluppato il guna della virtù, per permettere alla nostra identità spirituale di poter trascendere i vincoli materiali e realizzare, un giorno, la perfetta felicità. Krishna espone anche ad Uddhava la scienza dei tre Guna, e ciò sta a dimostrare l’enorme importanza che questa conoscenza esoterica riveste nell’ambito della vita umana. Mentre gli animali non possono coltivare conoscenza e spiritualità la forma umana offre questa straordinaria possibilità. Non sprechiamola seguendo le abitudini tamasiche di una società che ignora la reali influenze che il mondo materiale esercita sulla nostra psiche. Come disse Srila Prabhupada: “ La natura materiale non ci darà tanto facilmente la libertà.”

La natura materiale è progettata proprio per legarci ad essa, per renderci schiavi. Tutte le tradizioni esoteriche non hanno dubbi al riguardo. Ma questa schiavitù è stata una nostra scelta, così come può essere una nostra scelta uscire spezzare queste catene. La scienza e la pratica della Bhakti può portarci alla libertà. Ma molti hanno il terrore della libertà e preferiscono la sicurezza della schiavitù: schiavitù mentale, fisica, new age…Ma gli antichi alchimisti del Rinascimento sapevano di questa scienza e così indicavano i tre Guna: albedo, rubedo e nigredo. Sono le tre fasi della trasformazione, dall’oscurità del Tamas (nigredo) alla luminosità del Sattva (albedo). La tradizione alchemica  rinascimentale  paragonava i tre stati a tre animali: la fase oscura, il nigredo, al corvo, la fase attiva, il rubedo, alla fenice e la fase luminosa, l’albedo, al cigno.

Il cigno nell’esoterismo vedico è simbolo dell’anima, pura e perfetta, mai contaminata dall’illusione. Non a caso nella dottrina esoterica degli avatara Dio appare anche come cigno, Hamsa, ed illustra la conoscenza più segreta…Ma queste trasformazioni alchemiche hanno un solo scopo supremo: il raggiungimento della pietra filosofale. Si  tratti dell’alchimia cinese, indiana o europea, la ricerca era finalizzata alla realizzazione dell’identità divina del Sé. Ma cos’è questa pietra filosofale? Un testo vedico estremamente esoterico, l’Harinama Cintamani (La pietra filosofale dei Nomi Divini) ce lo rivela: “Il nome di Sri Krishna è la pietra filosofale eterna e trascendente.  La pietra filosofale può garantire ogni oggetto desiderabile.  La pietra filosofale del santo nome di Sri Krishna può dare a un materialista la religiosità, la ricchezza, il piacere dei sensi e la liberazione dal ciclo di nascita e morte. A un amante arreso esso offre il puro amore estatico per Krishna. Sri Krishna e il suo santo nome sono identici…”

Il canto dei nomi di Dio rappresenta dunque la vera pietra filosofale, in grado di soddisfare ogni desiderio, poiché, come indicano tutte le tradizioni mistiche, l’Assoluto vuole soddisfare i desideri dell’anima; se i desideri saranno materiali la pratica mistica del canto del nome produrrà esiti materiali, se il desiderio è spirituale il risultato sarà l’estasi eterna…Non a caso questa è la pratica che troviamo in varie tradizioni esoteriche. I Sufi affermano: “Egli mostra […] con l’esistenza dei Suoi Nomi l’esistenza dei Suoi attributi…[…] Non c’è ricordo esteriore del Nome, se non dall’intimo della contemplazione e della meditazione.” La scienza dei Nomi di Dio è la scienza spirituale più nascosta e il canto del Nome è strumento esteriore affinché il ricordo del Nome diventi il battito stesso del cuore del mistico, come espresso nei Racconti di un pellegrino russo.  A questo punto lo studio termina ed inizia il cammino…

Valentino Bellucci

 

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MARSILIO FICINO

MARSILIO

Figlio di un medico del Val d’Arno, Marsilio Ficino nacque il 19 ottobre 1433, a Figline. È il massimo rappresentante di quell’Umanesimo fiorentino che, con Giovanni Pico della Mirandola, rimane all’origine dei grandi sistemi di pensiero del Rinascimento e della filosofia del Seicento,basti pensare a un Giordano Bruno o a un Campanella.

Dopo aver studiato sui testi di Galieno, Ippocrate, Aristotele, Averroè ed Avicenna, Ficino fu scelto da Cosimo de’ Medici il Vecchio (chiamato da lui stesso «secondo padre») per riportare a Firenze la tradizione platonica, già reintrodotta da Leonardo Bruni, dal Traversari e dai bizantini Bessarione e Pletone fin dai tempi del Concilio del 1439. A tale missione si aggiunse per Marsilio, nell’arco di trent’anni, l’incarico di tradurre il Corpus Hermeticum, ossia gli scritti del leggendario Ermete Trismegisto, le Enneadi di Plotino e altri testi neoplatonici ancora. Dopo la morte di Cosimo, furono Piero, suo figlio, e poi Lorenzo il Magnifico a sostenere l’opera di traduttore e di pensatore del Ficino. E così, varî incarichi ecclesiastici permisero a Marsilio di dedicarsi interamente tra il 1474 e il 1497 alle traduzioni in latino di Plotino, di Proclo, di Sinesio, di Porfirio, di Giamblico, di Psello e dello Pseudo-Dionigi. L’opera sua di filosofo, invece, egli completò sostanzialmente tra il 1458 e il 1493, con il Di Dio et anima, il De divino furore, il De voluptate, il De Sole, la Theologia Platonica, trattato sistematico sull’immortalità dell’anima, il De vita libri tres sull’igiene fisica e mentale degli studiosi, libro quest’ultimo ricco di spunti magici ed astrologici, derivati da Plotino, da Porfirio, dall’Asclepius e dal Picatrix.

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Una fondamentale importanza nell’opera di questo grande umanista rivestono i numerosi «argumenta» e «commentarii» elaborati in occasione delle sue traduzioni platoniche, tra cui spiccano il commento al Timeo e quello al Parmenide. Mentre il De amore, destinato ad esercitare una formidabile influenza su tutta la letteratura fino all’Ottocento, da Leone Ebreo a Shelley, prendendo spunto dal Convivio di Platone, può pienamente considerarsi un’opera d’autore. Un ulteriore aspetto, determinante per capire la fama europea del Ficino, è costituito dalle sue Lettere, tutte ispirate ad un ideale di saggezza platonica impregnata di forti venature ora poetiche, ora esoteriche e metafische. ( Il reprint delle Epistole, edizione Capcasa 1495 è stato pubblicato dalla Société Marsile Ficin con introduzione di Stéphane Toussaint nel 2011).

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Non è difficile capire come l’opera di Ficino fosse destinata a rivoluzionare una cultura occidentale fino a poco in gran parte estranea al Plotino ed al Proclo «originali», a «tutto» Platone così come al Corpus Hermeticum. Lo si evince da opere assai suggestive quali il De Sole, il De vita e il De amore : il pensiero ficiniano propone una visione dell’uomo con forti affinità cosmiche e magiche, al centro di una «machina mundi» animata, altamente spiritualizzata proprio perché pervasa dallo «spiritus mundi». La funzione essenziale del pensiero umano è di accedere, attraverso una illuminazione immaginativa («spiritus» e «fantasia»), razionale («ratio») e intellettuale («mens») all’autocoscienza della propria immortalità e all’«indiarsi» dell’uomo grazie a quei «signa» e «symbola», segni cosmici paragonabili a geroglifici universali originati dal mondo celeste. L’agire umano in tutte le sue sfumature, artistiche, tecniche, filosofiche e religiose esprime in fondo la presenza divina di una «mens» infinita nella natura, all’interno di una visione ciclica della storia, scandita dal mito del «grande ritorno» platonico.

Marsilio Ficino morì il 1 ottobre 1499 nella sua Firenze, dopo la caduta del Savonarola, mentre l’Europa, di lì a poco, avrebbe riconosciuto la portata epocale del suo pensiero affidato a molte stampe italiane, svizzere, tedesche e francesi delle sue opere.

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[:it]Chi sono i mistici? di Valentino Bellucci[:en]Who are the mystics? by Valentino Bellucci[:]

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mistico

Come possiamo davvero parlare dei mistici? Il solo accostarsi a queste figure umane è del tutto sconvolgente. Infatti l’autentica caratteristica di ogni mistico è proprio questa: egli sconvolge ogni nostra categoria, ogni nostro approccio epistemologico. Non possiamo davvero conoscere il mistico con le solite categorie intellettuali e culturali. Con i mistici accade ciò che, secondo Heisenberg, accade con la realtà sub-atomica, ci occorre un linguaggio diverso. Il che significa una visione diversa e una apertura mentale libera da condizionamenti culturali e ideologici. I mistici sono sempre stati motivo di grande imbarazzo per le religioni ufficiali; il mistico inizia il proprio cammino dove il percorso etico-religioso finisce, e, come notava Bergson: “ Lo spettacolo di ciò che furono le religioni e di ciò che alcune sono ancora, è molto umiliante per l’intelligenza umana.

[…] I veri mistici si aprono semplicemente all’onda che li invade. Sicuri di se stessi, perché avvertono in sé qualcosa che è migliore di loro, si rivelano grandi uomini d’azione, cosa di cui si sorprendono coloro per i quali il misticismo non è che visione, trasporto, estasi.” Il mistico è un fenomeno che ha attraversato tutti i tempi e tutti i luoghi, è una condizione estrema della coscienza dove l’essere umano viene trasceso pur restando umano; di questo paradosso (simile alle particelle sub-atomiche che appaiono e scompaiono nello spazio-tempo) hanno dato prova individui come Giovanna d’Arco e William Blake, i quali agivano nella storia pur continuando a vivere in una dimensione altra…Il mistico, come si vedrà, non accetta gli schemi delle religioni o delle categorie intellettuali, egli non fa mai compromessi, mentre ogni religione vive di compromessi, secolo dopo secolo. Il mistico sa che il mondo considerato da tutti come realtà è solo un sogno, mentre le religioni si attaccano fin troppo alla dimensione temporale; anche qui il paradosso: il mistico che vede il mondo come un’illusione lo trasforma, le religioni, invece, si lasciano travolgere dal movimento della storia. I mistici rappresentano il motore segreto dell’umanità, della cultura, di ciò che ha valore; ogni cultura aveva nomi diversi per questa personalità: sciamano, stregone, guru, veggente, ecc.

Giovanna D'Arco
Giovanna D’Arco

In ogni caso i mistici hanno usato termini diversi per descrivere esperienze comuni, e spesso anche le immagini e le parole usate coincidono; le stesse metafore, le stesse parabole, per dare voce all’anima e al suo diretto contatto col divino. I mistici sono rimasti per lungo tempo esclusi dallo studio moderno, anche a causa delle ideologie illuministe e positiviste; da pochi decenni autori come Zolla, Guénon, Panikkar hanno tentato di esplorare il continente mistico, ma ne hanno appena sfiorato alcune zone costiere; occorre iniziare ad avventurarsi nel cuore stesso della mistica, cercando di evitare le due trappole più subdole: l’assorbimento dei mistici ad opera delle correnti new age e il totale rifiuto degli studiosi materialisti. Entrambi gli atteggiamenti nascono dallo stesso errore: non voler vedere il mistico come puro fenomeno. Husserl ci ha consegnato un grande strumento: lo sguardo fenomenologico, uno sguardo che non deve servire i nostri pregiudizi ma deve lasciare parlare l’occhio e il fenomeno. È quello che mi sono proposto con questo libro, che è, appunto, un viaggio dello sguardo nel cuore della mistica.

René Guénon
René Guénon

Guénon notava: “ l’esoterismo islamico non ha niente in comune con il «misticismo». […] il misticismo sembra essere in realtà qualcosa di assolutamente peculiare al Cristianesimo.” Qui il grande studioso ha commesso un grave errore: ha tentato di rinchiudere una personalità esplosiva come quella del mistico in delle rigide categorie; ma il mistico è anche un iniziato e ogni grande iniziato è un mistico; solo che non tutti gli iniziati vengono allo scoperto, come hanno fatto Pitagora, Apollonio di Tiana, Gesù e molti altri…I motivi di questo ‘venire allo scoperto’ li potremo vedere in seguito; intanto occorre riconoscere che la mistica non può essere il fenomeno di una sola religione, poiché come fenomeno essa si è manifestata oltre ogni barriera storica e geografica; Panikkar ha giustamente notato: “ Il mistico vive la Vita nella sua pienezza…” e nella Vita ogni mistico, cristiano, ebreo, musulmano, o indù, ha incontrato un Amante dal fascino infinito. Quello che ha maggiormente infastidito le religioni nei mistici è questa loro intimità con Dio, una intimità che utilizza addirittura il linguaggio dell’erotismo. Persino Gesù nei Vangeli si riferisce a Dio col termine abbà, ma tale termine non è affatto traducibile con ‘Padre’, poiché si tratta di un vezzeggiativo, di una parola che usano amici che sono molto in confidenza.

apollonio
Apollonio di Tiana

Ogni religione ha tentato, in fondo, di mascherare la propria origine mistica e rivoluzionaria, ma i mistici sono sempre rispuntati, come fiori che nessun veleno è riuscito ad estirpare…
Nell’analisi comparativa della mistica universale gli studiosi hanno interrotto le loro antologie con la Rivoluzione francese, perché “la fine dell’antica umanità è segnata nel secolo XVIII dalla comparsa di un misticismo che non si distingue dalla velleità sincretistica, dalla mistificazione, con Emanuel Swedenborg…” Ma ciò è vero solo in parte e significherebbe affermare che il mistico, alla fine, cede alle mode del proprio tempo; invece il mistico è presente anche nella modernità, solo più nascosto e più deformato dagli specchi dei nostri stessi pregiudizi…Lo stesso Zolla è stato ingiusto verso Swedenborg e verso Blake, i quali sono uomini della propria epoca, ma anche esseri umani che hanno avuto delle esperienze mistiche ben documentate.

I Veda
I Veda

Ma riuscire a scoprire il mistico nel caos dei secoli e delle varie culture non è un lavoro semplice; è davvero come cercare dei piccoli diamanti in una foresta assai pericolosa…Inoltre manca ancora una corretta visione della mistica legata ai Veda e alla Bhakti conservata in India; la maggior parte degli studiosi non ha avuto modo di entrare nel cuore di certe tradizioni, anche perché tale conoscenza “non è mai oggetto di «erudizione» e in nessun modo la si può apprendere attraverso la lettura di libri” poiché la mistica viene trasmessa da cuore a cuore; ecco l’ultima sfida dei mistici: avere il coraggio di incontrarli di persona. Solo allora comprenderemo fino in fondo, solo restando con quella persona, scrutandone il sorriso, ascoltando la sua risata o il suo canto. Prima di quel fatale ed emozionante incontro ogni libro è un velo, una preparazione, una piccola mappa per attraversare la selva oscura.

Valentino Bellucci

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mistico

How can we really speak of the mystics? The only approach these human figures is quite shocking. In fact the authentic characteristic of every mystic is this: he upsets all our category, all our epistemological approach. We can not really know the mystic with the usual intellectual and cultural categories. With the mystics what happens, according to Heisenberg, happens with reality sub-atomic, we need a different language. Which means a different view and a open mind free from ideological and cultural conditioning. The mystics have always been a source of great embarrassment for the official religions; the mystic begins its journey where the ethical path-religious ends, and, as noted Bergson: “The spectacle of what religions were and what some are still, it’s very humbling to human intelligence.

[…] The true mystics simply open the wave that invades them. Sure of themselves, because they feel in themselves something that is better than they are, turn out great men of action, something that will surprise those for whom mysticism is not that vision, transportation, ecstasy. “The mystic is a phenomenon who went through all times and all places, it is an extreme condition of consciousness where the human being is transcended while remaining human; this paradox (similar to sub-atomic particles that appear and disappear in space-time) have proven individuals like Joan of Arc and William Blake, who acted in the history while continuing to live in another dimension … The mystic, as you will see, does not accept the patterns of religion or of intellectual categories, he is never compromised, while each religion thrives on compromise, century after century. The mystic knows that the world regarded by all as reality is only a dream, while religions attach too much to the temporal dimension; Also here the paradox: the mystic who sees the world as an illusion turns, religions, however, are left overwhelmed by the movement of history. The mystics are the secret engine of humanity, of culture, of what is valuable; every culture had different names for this personality: shaman, witch doctor, guru, seer, etc.

Giovanna D'Arco
Giovanna D’Arco

Anyway the mystics have used different terms to describe common experiences, and often the images and the words used are the same; the same metaphors, the same parables, to give voice to the soul and its direct contact with the divine. Mystics were long excluded from the study modern, partly because of the ideologies of the Enlightenment and positivist; a few decades as authors Turf, Guenon, Panikkar tried to explore the mystical continent, but have barely touched some coastal areas; You must begin to venture into the heart of the mystical, trying to avoid the two traps more subtle: the absorption of the mystics by the current new age and the total rejection of scholars materialists. Both attitudes are born from the same error: not wanting to see the mystic as a pure phenomenon. Husserl gave us a great tool: the phenomenological look, a look that should not serve our prejudices but must leave the eye and talk about the phenomenon. That’s what I set out with this book, which is, precisely, a journey of the gaze in the heart of the mystical.

René Guénon
René Guénon

Guenon noted: “Islamic esotericism has nothing in common with the” mysticism “. […] Mysticism seems to be actually something quite peculiar to Christianity. “Here the great scholar has made a serious error: he tried to lock up an explosive personality as that of the mystic in the strict categories; but the mystic is also a great start and each started a mystic; just not all initiates come into the open, as did Pythagoras, Apollonius of Tyana, Jesus and many more … The reasons for this ‘come out’ we will see them later; Meanwhile, it should be recognized that the mystic can not be the phenomenon of a single religion, because it has appeared as a phenomenon beyond historical and geographical barrier; Panikkar has rightly noted: “The mystic lives life to its fullest …” and in every mystical Life, Christian, jew, Muslim, or Hindu, met a lover from the endless charm. What has most annoyed religions in their mystical is this intimacy with God, an intimacy that even uses the language of eroticism. Even Jesus in the Gospels refers to God the term abba, but that term is not translated as ‘Father’, because it is a term of endearment, a word they use friends who are very familiar.

apollonio
Apollonio di Tiana

Every religion has attempted, the fund, to disguise their origin and revolutionary mystique, but the mystics are always rispuntati, like flowers that no poison was able to eradicate
In the comparative analysis of the mystical universal scholars they have interrupted their anthologies with the French Revolution, because “the end of the ancient humanity is marked in the eighteenth century by the appearance of a mysticism that is indistinguishable from the syncretic ambitions, mystification, with Emanuel Swedenborg But this is only partly true and would say that the mystic, in the end, yield to the fashions of their time; instead the mystic is also present in modern times, just more hidden and more deformed by the mirrors of our own prejudices The same plate was unfair to Swedenborg and to Blake, who are men of his age, but also human beings who have had mystical experiences are well documented.

I Veda
I Veda

But being able to discover the mystical in the chaos of centuries and cultures is not an easy job; It is really like trying small diamonds in a very dangerous forest … Also still missing a correct view of mysticism linked to the Vedas and the Bhakti preserved in India; most scholars have not been able to enter the heart of certain traditions, because such knowledge is never the subject oflearning and in no way can be learned by reading booksbecause the mystique is transmitted by heart to heart; here is the ultimate challenge of the mystics: to have the courage to meet them in person. Only then we will understand the way through, just staying with that person, scrutinizing smile, hearing her laugh or her song. Before that fateful and exciting encounter every book is a veil, a preparation, a small map to cross the dark forest.

Valentino Bellucci[:]

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[:it]Innumerevoli Vangeli[:en]Countless Gospels[:]

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vangelo

Qui l’anima ha scoperto che è essa il regno di Dio.

Meister Eckhart

Nel 325, a Nicea, il primo Concilio ecumenico tracciò l’ideologia teologica della Chiesa imperiale. Gli imperatori non potevano accettare una religione che non avesse una precisa unità dottrinale, non era gestibile né dal punto di vista sociale né dal punto di vista politico. Ma il Cristianesimo era una religione? In realtà era un’esperienza mistica data da una iniziazione, da un contatto trasmesso da cuore a cuore. Non aveva senso un’unica dottrina e una precisa teologia; per i primi cristiani la vita di Gesù poteva essere raccontata in infiniti modi e la sua stessa figura non poteva essere racchiusa nella fredda prigione di un dogma…Per questo esistevano centinaia, forse migliaia, di vangeli ed esistevano scuole mistiche diverse, con diverse letture del Cristo; ciò è del tutto naturale in un ambito spirituale, basti pensare all’India, dove figure divine come Krishna e Shiva vengono lette in molti modi diversi…Ciò non è un problema per l’iniziato che sa di essere in cammino e in tale cammino ci si avvicina e si scopre l’Assoluto un gradino alla volta, un vangelo alla volta. Prima che venisse inventata la figura del Papa vi erano molti vescovi, ognuno alla guida della propria comunità, con una lettura del Cristo unica e speciale. Ma per una religione organizzata, politica, istituzionale, tutta questa ricchezza ermeneutica era solo caos…Perciò si decise di selezionare alcuni vangeli ed escluderne altri: “Nel 367 il vescovo Atanasio d’Alessandria compilò un elenco delle opere da includere nel Nuovo Testamento. L’elenco fu ratificato dal Concilio di Ippona nel 393 e successivamente dal Concilio di Cartagine, svoltosi quattro anni dopo. In questi concili fu scelta una selezione di opere.

Concilio-di-Nicea

Certe furono raccolte per formare il Nuovo Testamento quale lo conosciamo oggi, mentre altre furono sprezzantemente ignorate.” Non fu il Concilio di Nicea a decidere il Canone dei Testi ma ci volle un processo lungo e complesso che si protrasse nei secoli. In realtà già nei primissimi secoli alcuni Padri avevano già proposto una selezione, come Marcione e Ireneo, ma l’imposizione di una tale scelta avverrà dopo l’intervento Imperiale, non tanto di Costantino (che simpatizzava con certe visioni ‘eretiche’) quanto di imperatori come Massimo e Giustiniano. Va anche detto che i quattro Vangeli ufficiali e Canonici erano preferiti e citati da Padri della Chiesa come Origene e Giustino, ma ciò non significa che gli altri Vangeli venissero considerati inutili o fasulli…Inoltre anche i Vangeli prescelti e imposti subirono una notevole opera di manomissione, ad opera dei Vescovi stessi, come rivela in una lettera Clemente d’Alessandria: “…quando Pietro morì martire, Marco venne ad Alessandria, portando i suoi scritti e quelli di Pietro, e da essi trasferì nel suo libro preesistente le cose adatte a favorire il progresso verso la conoscenza. Egli compose perciò un Vangelo più spirituale a uso di coloro che venivano perfezionati.

Marco Evangelista
Marco Evangelista

Tuttavia non divulgò ancora le cose che non dovevano essere dette, né mise per iscritto gli insegnamenti gerofantici del Signore…[…] Ma alle storie già scritte altre ne aggiunse e inoltre introdusse certi detti dei quali sapeva che l’interpretazione avrebbe guidato gli ascoltatori nell’intimo…[…] …morendo lasciò la sua composizione alla chiesa di Alessandria, dove è tuttora scrupolosamente custodita e viene letta soltanto a coloro che vengono iniziati ai grandi misteri. […] …che il Vangelo segreto è di Marco lo si deve negare per giuramento, perché «non tutto il vero deve essere detto a tutti gli uomini».” L’esistenza di un insegnamento esoterico di Gesù era ben noto ai Padri della Chiesa e, come in tutte le scuole iniziatiche, certi insegnamenti venivano dati solo a coloro che erano spiritualmente maturi; per le masse vi erano le parabole, i precetti, dei livelli propedeutici più semplici. Ma dal custodire l’esoterismo al distruggerne ogni traccia c’è un abisso! Nei primi secoli avvenne proprio questo passaggio: dai Vangeli segreti di Marco, di Tommaso (rinvenuto di recente), custoditi con consapevolezza per coloro che potevano intenderli si passò alla sistematica distruzione di ogni loro traccia, perseguitando anche coloro che seguivano e praticavano una via cristiana più matura, come gli gnostici. Non a caso nelle chiese gnostiche ritroviamo insegnamenti che riguardano l’alimentazione vegetariana e la reincarnazione. Fu comunque un processo lungo e complesso. Purtroppo le rivalità tra i vari Vescovi facilitò il desiderio politico imperiale di creare una Chiesa dogmatica e unitaria, Chiesa che poi perseguiterà con i roghi ogni dissidente, ogni ‘eretico’…Piuttosto emblematico è il caso del teologo Valentino: “ Valentino era molto influente e tra i suoi seguaci contava uomini come Tolomeo. Affermando di avere in suo possesso un corpus di «insegnamenti segreti» di Gesù […] Valentino e i suoi seguaci furono tra i bersagli prediletti da Ireneo. […] Un altro bersaglio fu Marcione […] che fu il primo che compilò un elenco canonico dei libri della Bibbia, un elenco che escludeva tutto l’Antico Testamento.” Sarebbe stata una Chiesa molto diversa senza il Dio violento e vendicativo del Vecchio Testamento, ma il Dio amorevole di Gesù non poteva essere del tutto accettato dalla Chiesa imperiale: “ …il Dio dei cristiani ha tratto parte delle proprie caratteristiche dall’Impero romano: il cristianesimo si è insediato infatti nell’Impero romano e inizialmente è stato l’Imperatore ad aver rappresentato il modello terreno di Dio. […] L’iconografia cristiana ha rafforzato questa idea perché corrispondeva all’atteggiamento stereotipo del personaggio assiso, in particolare assegnandola a Dio nel ruolo che nel corso del Medioevo diventa sempre più importante, quello di giudice.” Il Dio scelto dall’Impero e dai Vescovi corrotti è il Dio giudice, perfetta immagine trascendente dell’Imperatore; un Dio che mostra un volto barbuto e arcigno e che agita una mano pronta a punire, scagliando l’anima disobbediente verso una sofferenza eterna…Questo Dio cosa ha a che vedere col Padre di cui parlava Gesù? Assolutamente nulla. Per riscoprire l’autentico messaggio di Gesù occorrerà fare un viaggio nella mistica e nella lettura esoterica dei Vangeli; allora, forse, il lettore scoprirà che Dio non sta seduto ma danza e non giudica ma, semplicemente, ama.

L'Imperatore Costantino
L’Imperatore Costantino

Anche la figura del Papa è una copia dell’Imperatore e proprio a causa di ciò l’intero Medioevo sarà caratterizzato da una continua lotta tra Papato e Impero…non possono esistere due galli in un pollaio. Inizialmente il Vescovo di Roma era un vescovo come gli altri e non aveva particolari poteri; nelle sue lettere Ignazio martire scrive: “ Tutti obbedite al vescovo come Gesù Cristo al Padre, e al collegio sacerdotale come agli apostoli; rispettate poi i Diaconi come la legge di Dio. […] Dove appare il vescovo ivi sia la comunità.” E il Papa? Nessun riferimento…poiché non esisteva. Ogni comunità cristiana era diretta dal proprio vescovo; era lui il rappresentante di Dio in terra, come il guru è il rappresentante di Dio secondo la tradizione dei Veda; ma i contratsi tra certi vescovi e la trasformazione dei cristianesimo in religione di stato spinse sempre più l’Impero e i sinodi a dare ad un vescovo poteri speciali sugli altri vescovi. Il Papa doveva garantire l’unità della religione all’interno dell’unità dell’Impero. In questo modo, però, il Cristianesimo divenne politica…e i Papi saranno sempre più figure di potere e di violenza. Il Papato e una teologia sempre più mossa da interessi politici hanno oscurato la luce del Cristo interiore ed esteriore, trasformando i preziosi insegnamenti in una triste parodia, oggi sotto gli occhi di tutti. In una società devastata dall’ignoranza spirituale la Resurrezione dei veri insegnamenti esoterici di Gesù è più che mai necessaria.

Valentino Bellucci

[:en]

vangeloHere the soul has found that it is the kingdom of God.
Meister Eckhart
In 325, at Nicaea, the first Ecumenical Council drew the theological ideology of the Imperial Church. The emperors could not accept a religion that did not have a precise doctrinal unity, it was not manageable nor from a social perspective or from a political perspective. But Christianity was a religion? Actually it was a mystical experience left by an initiation, a contact passed heart to heart. No sense single doctrine and a precise theology; for the early Christians of Jesus’ life could be told in countless ways and his own figure could not be contained in the cold prison of dogma … why hundreds, perhaps thousands, of gospels and various mystical schools exist, with different readings Christ; This is quite natural in a spiritual realm, just think of India, where divine figures such as Krishna and Shiva is read in many different ways …

This is not a problem for the initiate who knows he is on the way and in this way there He approaches and discovers the Absolute one step at a time, a gospel at a time. Before it was invented the figure of the Pope there were many bishops, each driving their own communities, with a reading of Christ’s unique and special. But for organized religion, political, institutional, all this wealth hermeneutics was just chaos … So it was decided to select some and exclude other Gospels: “In 367 Bishop Athanasius of Alexandria compiled a list of the works to be included in the New Testament. The list was ratified by the Council of Hippo in 393 and then by the Council of Carthage, held four years later. In these councils was a choice selection of works.

Concilio di Nicea
Concilio di Nicea


Some were collected to form the New Testament as we know it today, while others were contemptuously ignored. “It was the Council of Nicaea to decide the Canon of the Texts but it took a long and complex process that lasted for centuries. Actually already in the early centuries some Fathers had already proposed a selection, as Marcion and Irenaeus, but the imposition of such a choice will be made after the Imperial intervention, not so much of Constantine (who sympathized with certain visions ‘heretical’) as of Emperors like Massimo and Justinian. It must be said that the four official gospels and Canons were favorite and quoted by the Church Fathers as Origen and Justin, but that does not mean that the other gospels were considered unnecessary or bogus … Moreover, even the Gospels chosen and imposed underwent a remarkable work of tampering , by the bishops themselves, as revealed in a letter Clement of Alexandria: “… when Peter died a martyr, Mark came to Alexandria, bringing his writings and those of Peter, and they moved in his book pre-existing things suit encourage progress towards knowledge. He therefore composed a more spiritual Gospel for the use of those who were being perfected.

Marco Evangelista
Marco Evangelista


However not divulged yet the things that had to be said, or wrote down the teachings of the Lord gerofantici … […] But the stories already written he added other and also introduced certain sayings of which he knew the interpretation would lead listeners in ‘intimate … […] … dying left his composition to the church in Alexandria, where it is still carefully preserved and is read only to those who are initiated into the great mysteries. […] … That the Secret Gospel of Mark is the one must deny to the oath, because “the whole truth must be told to all people.” “The existence of an esoteric teaching of Jesus was well known to the Fathers of the Church and, as in all the schools of initiation, certain teachings were given only to those who were spiritually mature; for the masses were the parables, the precepts, the levels preparatory simpler. But the guard esotericism to destroy all traces there is an abyss! In the early centuries occurred just this passage from the Gospels of Mark secrets, Thomas (discovered recently), kept with awareness for those who could understand them ran to the systematic destruction of their traces, even persecuting those who followed and practiced a Christian way more mature, as the Gnostics. Not by chance we find in churches Gnostic teachings regarding vegetarianism and reincarnation. However, it was a long and complex process. Unfortunately, the rivalry between the various Bishops facilitated the imperial political desire to create a unified and dogmatic Church, the Church that later haunt with bonfires every dissident, every ‘heretic’ … Rather emblematic case is that of the theologian Valentino: “Valentino was very influential and among his followers had men as Ptolemy. Claiming to have at its disposal a body of “secret teachings” of Jesus […] Valentine and his followers were among the main targets of Irenaeus. […] Another target was Marcion […] who was the first who compiled a list of the canonical books of the Bible, a list that excluded the Old Testament. “It would be a very different Church without the violent and vengeful God of the Old Testament, but the loving God of Jesus could not be fully accepted by the Imperial Church: “… the God of Christians has drawn some of its features from the Roman Empire: Christianity took office in fact in the Roman Empire and was initially the ‘Emperor to have been the model land of God. […] Christian iconography has reinforced this idea because it corresponded to the attitude of the character stereotype seated, in particular by assigning it to God in the role during the Middle Ages becomes more and more important, what judge. “The God chosen by the Empire and the bishops corrupt judge is God, perfect transcendent image of the Emperor; a God who shows a bearded, gruff and shaking a hand ready to punish, sending the soul suffering eternal disobedient to God … This thing has to do with the Father mentioned by Jesus? Absolutely nothing. To discover the true message of Jesus will require a trip to the mystical and esoteric reading of the Gospels; then, perhaps, the reader will discover that God is not sitting but dance and does not judge, but simply loves.

L'Imperatore Costantino
L’Imperatore Costantino


Even the figure of the Pope is a copy of the Emperor, and precisely because of what the entire Middle Ages will be characterized by a constant struggle between the Papacy and the Empire … can not have two roosters in a henhouse. Initially, the Bishop of Rome was a bishop like any other and had no special powers; in his letters Ignatius Martyr writes: “All obey the bishop as Jesus Christ to the Father, and to the college of priests as the apostles; respected then the Deacons as the law of God. […] Where the bishop appears there is the community. “And the Pope? … Since there was no reference. Every Christian community was headed by its own bishop; he was God’s representative on earth, as the guru is God’s representative in the tradition of the Vedas; but contratsi among certain bishops and the transformation of Christianity into the state religion increasingly pushed the Empire and synods to give a bishop special powers over other bishops. The Pope was to ensure the unity of religion inside the Empire. In this way, however, Christianity became policy … and the Popes will increasingly figures of power and violence. The Papacy and a theology increasingly driven by political interests have obscured the light of Christ within and without, transforming the precious teachings in a sad parody, now under the eyes of all. In a society ravaged by ignorance of the true spiritual Resurrection esoteric teachings of Jesus it is more than ever necessary.


Valentino Bellucci

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