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I Custodi del Graal

In seguito alla presa di Gerusalemme nel 1099, vi fu un gran discutere su come la Città Santa dovesse essere amministrata. Dopo molte riflessioni, si decise di offrire la corona al duca della Bassa Lorena, Goffredo, il quale possedeva sia le necessarie credenziali aristocratiche che la volontà di rimanere in Terra Santa sebbene la maggior parte degli altri nobili fosse ritornata in Europa. Pur accettando l’incarico, Goffredo rifiutò la consacrazione come sovrano, preferendo assumere solo il titolo di Advocatus Sancti Sepulchri, “Difensore del Santo Sepolcro”: considerata l’opposizione della Chiesa agli incarichi secolari che fossero superiori a quelli ecclesiastici, questa era sicuramente una mossa avveduta. Tuttavia il suo regno, che fu caratterizzato da una certa debolezza sia nei confronti
della Chiesa che di potenti vassalli come Tancredi, non durò a lungo. Il 18 luglio 1100, a quasi un anno esatto dalla presa di Gerusalemme, Goffredo morì, probabilmente di febbre tifoidea.

Ancora una volta il trono rimase vacante e presto fu chiaro che vi era un solo uomo in grado di occuparlo: Baldovino, fratello di Goffredo. Questi, diversamente dal fratello, non si dimostrò restio ad accettare la sacra corona, che
molti ritenevano spettasse solo a Cristo, e l’11 novembre fu consacrato re di Gerusalemme, mentre la sua contea di Edessa passava al cugino Baldovino di Le Bourg. Probabilmente il nuovo re fu sorpreso quanto chiunque altro del destino che gli veniva riservato, sebbene non fosse del tutto immeritato.

Baldovino cercò subito di rafforzare alla base quel regno che soffriva – e in un certo senso ne avrebbe sofferto per tutta la sua esistenza – della scarsità di forze militari. I crociati erano pronti a recarsi in Oriente e anche a morire nel nome di Cristo, se fosse stato necessario, ma solo pochi erano disposti a rimanervi per tutta la vita. Era necessario trovare il modo di ovviare a questo inconveniente e la soluzione sembrò l’istituzione del primo ordine militare di cavalieri: i Templari. Baldovino morì il 2 aprile 1118 e gli succedette il cugino Baldovino il, che al pari di lui aveva svolto una sorta di apprendistato come conte di Edessa.

Un certo Hugues de Payen, un nobile della Champagne, si presentò a Baldovino il subito dopo la sua incoronazione e discusse con lui dell’istituzione dell’Ordine, inizialmente chiamato dei “Poveri Cavalieri di Cristo”. Sebbene l’Ordine fosse destinato a espandersi con il tempo e a diventare il più grande e il più ricco d’Europa, inizialmente era composto da nove cavalieri soltanto, che tali rimasero per nove anni. Baldovino consentì loro l’uso della moschea di Al Aqsa sul monte del tempio a Gerusalemme come quartier generale, un privilegio mai accordato a nessuno. La loro stretta relazione con il monte del tempio è indicata dal fatto che le chiese che costruirono in Europa furono quasi sempre a pianta circolare, su modello della Cupola della Roccia.

Sotto il regno di Baldovino II i Templari prosperarono. Il loro ordine, così come quello dei loro rivali, i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni, veniva considerato indispensabile per la sicurezza del regno, ma i suoi appartenenti
non avevano alcun obbligo diretto verso il re, poiché i loro Gran Maestri avevano la completa autorità e il comando assoluto riguardo a tutte le questioni operative. In Europa la situazione era identica. Grazie alle donazioni, l’Ordine si arricchì enormemente e divenne un’istituzione internazionale, con interessi nel campo bancario, commerciale, del
turismo, della difesa e in molte altre attività correlate.

Non essendo soggetti alla giurisdizione dei sovrani nazionali, ovviamente suscitarono invidie, soprattutto da parte di Filippo il Bello, re di Francia. Nel 1307, Filippo diede ordine che tutti i Templari del suo regno fossero arrestati
e che le loro terre venissero confiscate a beneficio della corona. Su incitamento di Filippo, il papa diede ordini analoghi alle teste coronate di tutta Europa affinché si comportassero allo stesso modo. Al più debole sospetto,
i Templari venivano immediatamente condannati come eretici e blasfemi. In molti riuscirono a sopravvivere alle torture e alle estorsioni di confessioni a cui furono sottoposti, ma il Gran Maestro Jacques de Molay e il Maestro di Normandia, Geoffrey de Charnay, vennero arsi pubblicamente sul rogo.

Una delle accuse principali che venivano mosse agli appartenenti all’Ordine era che venerassero una strana testa. Nel suo affascinante studio sulla Sindone, Ian Wilson ipotizzò che questa “testa” potesse essere la stessa Sindone, piegata in modo da lasciare visibile solo il volto di Cristo. Sfortunatamente la sua teoria, per certi versi convincente, ha perduto qualsiasi credibilità da quando la Sindone è stata sottoposta al sistema di datazione con la tecnica del carbonio e si è rivelata un falso di epoca medievale. La relazione che Wilson suggerisce tra il Mandilion e i Templari, però, probabilmente non è lontana dal vero. Se uno dei re Baldovino avesse avuto un ritratto di Gesù (un Mandilion) che riteneva autentico, si sarebbe sicuramente preoccupato della sua sicurezza, quindi la creazione di un Ordine di eletti, per molti versi strutturato sul modello dei leggendari Cavalieri del Graal della Tavola Rotonda di re Artù, che svolgessero il compito di custodi di questo tesoro, sarebbe stata decisamente opportuna.

Riflettendo su questa ipotesi, pensai che i Templari, anche se non erano in possesso della Sindone come riteneva
Wilson, dovessero comunque avere una sorta di “Graal” sotto forma del Mandilion. Incominciavo a capire che il vero arcano che circondava la leggenda del Graal, per lo meno nella forma conosciuta nella Francia e nella Germania del Medioevo, aveva poco a che fare con il britannico re Artù, ma derivava dalle tradizioni gnostiche cristiane, ancora vive nel Vicino Oriente ai tempi della prima crociata. E possibile, dunque, che qualcuno dei crociati fosse venuto a contatto con esse nel corso di quell’impresa. La storia della ricerca dei cavalieri, come quella dei Magi, divenne quindi un pretesto per il passaggio di dottrine mistiche e segrete da Oriente a Occidente. Antiochia, dove la Lancia di Longino fu ritrovata da Pietro Bartolomeo, era una delle località nelle quali queste idee avevano avuto origine, ma verso la fine dell’XI secolo era la Mesopotamia settentrionale il luogo in cui erano ancora particolarmente vive. Anche quando le terre d’Oriente passarono sotto autorità politiche e religiose diverse, certi elementi del cristianesimo gnostico sopravvissero.

Nei monasteri vetusti, nelle grotte e nelle valli abbandonate, alcuni uomini continuavano a compiere atti di devozione secondo le usanze dei tempi andati e a mantenere qualche contatto con la gnosi. Pare che fu proprio con un gruppo di queste persone, discendenti di un antico ordine chiamato confraternita dei sarmung, che Gurdjieff venne a contatto nella regione di Nusaybin (Nisibis) tra il 1880 e il 1900. Possedevo
ormai le prove che certi misteri potevano essere stati tramandati all’Occidente, quando mi furono mostrate alcune monete di Edessa risalenti ai tempi dei romani. Come scoprii in seguito, quelle monete indicavano che qualcuno era ancora a conoscenza delle religioni astrali della zona molto tempo dopo l’avvento del cristianesimo. Forse ero
sulle tracce della dimenticata “scuola dei persiani”.

 

Adrian Gilbert

 

Tratto da: I Magi di Adrian Gilbert – Harmakis Edizioni

Acquista il libro: http://www.harmakisedizioni.org/?product=magi-custodi-della-segreta-saggezza

 

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[:it]A casa di Gurdjieff per Natale[:en]At home Gurdjieff for Christmas[:]

[:it]

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Come esempio della maniera non dogmatica e del tutto pratica che aveva Gurdjieff di insegnare, racconterò quello che mi è capitato la vigilia di Natale (il Natale russo che viene in ritardo di tredici giorni rispetto al nostro). Ero stato convocato a casa sua dove trovai un altro dei suoi allievi. Il padrone di casa ci fece entrare nel salone che era vuoto e al centro del quale erano stati deposti dei giocattoli, dei dol­ciumi e delle arance. Si trattava di ripartirli in piccole buste di carta affinchè ogni bambino avesse la sua parte.

Un grazioso abete, appena riportato dal mercato dei fiori, testimoniava che tutto sarebbe stato fatto secondo le regole. Mi sentii in dovere di trasformarlo in albero di Natale. Ave­vo a portata di mano delle ghirlande, le candele e le stelle necessarie. Per un alsaziano come me era un’occupazione profondamente soddisfacente. Il mio compito era terminato o quasi quando Gurdjieff entrò, gettò un rapido sguardo ai nostri lavori e, avvicinan­dosi all’albero, mi fece segno di appenderlo al soffitto. Non credevo ai miei occhi. «Ma… Signore… al soffitto là in alto? La punta in basso? Le radici per aria?». Era proprio quello che voleva. Non mi restava che spogliare l’abete e, montato su di uno sgabello, fissare alla meglio le radici al soffitto. Quanto alle candele, non avevo avuto nessuna in­dicazione e Gurdjieff era già uscito dalla stanza. Questa storia lascia perplessi. Si fa presto a dire: «Que­st’uomo non fa niente come tutti gli altri. Smettete di in­terrogarvi su di lui». Io invece gli attribuisco un’intenzione precisa. Ma qual era in questo caso? Chi ha orecchie per intendere, intenda.

(Tratto dal libro Monsieur Gurdjieff, ma lei chi è? di Renè Zuber)

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As an example of a non-dogmatic and quite practical that Gurdjieff had to teach, I tell you what happened on Christmas Eve (the Russian Christmas, which is delayed by thirteen days compared to ours). I had been summoned to his house, where I found another one of his students. The host made us enter the living room that was empty and the center of which had been deposed toys, candy and oranges. It was to allocate them in small paper envelopes for each child had his share.

A lovely fir, just quoted from the flower market, testified that everything would be done according to the rules. I felt compelled to turn it into Christmas tree. I had to hand garlands, candles and the stars needed. For an Alsatian like me was an occupation deeply satisfying. My job was finished or almost when Gurdjieff came in, threw a quick look at our work and, approaching the tree, signaled me to hang it from the ceiling. I could not believe my eyes. “But … Lord … the ceiling up there? The tip at the bottom? The roots for air? “. It was just what he wanted. I just have to strip the fir and, mounted on a stool, staring at the ceiling better roots. As the candles, I had had no indication and Gurdjieff had already left the room. This story is puzzling. It’s easy to say, “This man does nothing like everybody else. Stop to question you about him. ” I will attach the precise intention. But what it was in this case? He who has ears to hear, let him hear.

(From the book Monsieur Gurdjieff, but who are you? Rene Zuber)

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