Non ero uscita da un’esperienza dolorosa, da un trauma, o da una separazione. Anzi, le mie esperienze adolescenziali nel mondo esterno mi avevano regalato gioie, soddisfazioni ed ispirazioni. Non avevo ancora nulla dalla vita eppure sentivo di possedere qualcosa di assai prezioso: la coscienza. Mi guardavo attorno e mi appariva ben chiaro che i sensi fisici non dicevano tutto, che la realtà era infinitamente più vasta e misteriosa di quello che si prospettava davanti ai miei occhi.
Quando si osserva il passato alla luce della consapevolezza del presente, esso viene completamente reinterpretato. Già a quei tempi cominciavo ad avere un primo, seppur debole ed indefinito “risveglio”. Pensavo: “C’è qualcosa più di quello che vedo con gli occhi fisici. Il mio corpo fisico si addormenta durante la notte, la mia coscienza dorme a sua volta, ma ad un certo punto…mi trovo sveglia in un’altra parte, diciamo, un luogo non fisico. Eppure il mio corpo dormiva, ma io ero proprio in un altro luogo! E’ come se la mia coscienza risiedesse originariamente in un altro luogo, altrove, un luogo non collocabile nello spazio e nel tempo”
Frequentavo il primo anno del ginnasio. Fu l’anno scolastico più intenso e faticoso di tutta la mia carriera scolastica, perché nel liceo classico venivano poste le basi di tutte le conoscenze, nonché la base del corretto parlare: lo studio della grammatica italiana, greca, latina, per poter creare le basi per la traduzione delle versioni. Ma a cosa serviva tradurre brani scritti in lingue che non esistevano più? L’avrei compreso solo in seguito: serviva a creare strutture mentali per organizzare non solo un discorso ma lo stesso pensiero; soggetto, verbo, complemento oggetto, e altri complementi. Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché? Serviva quindi a definire la struttura causa-effetto della realtà, che è la stessa del pensiero. E’ importante dare una struttura ordinata al proprio pensiero, perché- e questo l’avrei compreso solo in seguito- le intuizioni spirituali possano prendere vita efficacemente solo in una struttura mentale ordinata ed equilibrata. Se le strutture mentali sono troppo ingombranti, tuttavia, esse potrebbero ostacolare il libero fluire della conoscenza spirituale.
Il 24 marzo è una data che ricordo come un importante anniversario. Non a caso coincideva con l’equinozio di primavera, importante momento per qualunque pratica magica. Quando il sole entra nella costellazione dell’Ariete è un nuovo inizio, e così è stato per me, in quel giorno in cui gli studenti del mio liceo avevano programmato uno sciopero per partecipare ad un corteo-manifestazione. Improvvisamente mi staccai dal corteo per camminare da sola e mi inoltrai in una strada che conduceva nella zona dove avevo trascorso insieme ai miei affezionati amici quella precedente estate. Un irrefrenabile impulso mi spinse ad entrare in una libreria e, tra i vari libri, uno in particolare mi chiamò. Era solo il primo tra quelli che sarebbero state le migliaia di libri di spiritualità ed esoterismo che avrei letto nel corso della mia esistenza. Quel libro si intitolava “Scopri e sviluppa i tuoi poteri paranormali” e si occupava del settore della “parapsicologia” che costituì per me un trampolino di lancio. Già ben prima di questo libro mi ero convinta che nell’uomo risiedessero facoltà inesplorate, e che ordinariamente egli utilizzasse solo una piccola parte delle sue potenzialità. Si ritiene comunemente, infatti, che ben il 70%, se non di più, delle attività e potenzialità cerebrali non venga impiegato. Percepivo già che ci fosse qualcosa di più dell’ordinario cervello, e che quest’ultimo fosse solo uno strumento di qualcosa di non fisico, invisibile ma assolutamente base di tutto ciò che esiste. Ero sempre più convinta che l’esistenza umana fosse ricca di misteri che la scienza non riusciva a spiegare. E’ per questo che mi sentii particolarmente attratta da quel libro.
Quello per me fu solo l’inizio di un viaggio lunghissimo, che mi avrebbe condotto là dove non avrei mai immaginato.
Dopo pochi giorni, durante una mia passeggiata nelle vie del centro città, una forza indefinita condusse i miei passi in una libreria che stava svendendo con lo sconto del 70% molti testi della casa editrice Melita che aveva ristampato importanti testi di esoterismo, spiritualità e magia. Certi libri chiamano, oltre ogni causa razionale…chiamano perché così deve essere, perché quel determinato libro in qualche modo è già in se stessi, nella propria interiorità profonda. Il libro che in quella circostanza mi “chiamò” fu “La scienza occulta” di Rudolf Steiner.
La complessità del pensiero di Rudolf Steiner è pari a quella della sua opera, che comprende oltre ai testi fondamentali anche le numerosissime conferenze tenute in 25 anni, in un corpus composto da circa trecento volumi. Sulle fondamenta di quella che lui denomina “Scienza dello Spirito” si basa tutto un edificio che racchiude svariati campi del sapere, dalla filosofia alla pedagogia, dalla storia alla scienza, dall’agricoltura alla medicina. Steiner espone i fondamenti di una “disciplina occulta”, intesa come un cammino di conoscenza che ha come obiettivo l’evoluzione spirituale dell’uomo. Secondo Steiner ogni uomo può giungere alla conoscenza dei “mondi spirituali” e avere accesso ai “segreti iniziatici”, risvegliando le facoltà spirituali celate nel profondo della propria anima. I sistemi di disciplina spirituale e le tecniche di meditazione da lui divulgate provengono da esperienze e scuole antichissime, tramandate da tradizioni spirituali sia occidentali che orientali.
Secondo Steiner, la certezza del mondo fisico la si può accostare alla certezza del mondo spirituale, in una concezione del mondo spirituale come “spazio animico”. L’antroposofia è, secondo Steiner, la via tramite la quale è possibile conoscere l’uomo interiore, spirituale: la scienza dell’uomo spirituale.
L’antroposofia è una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo. Sorge nell’uomo come un bisogno del cuore e del sentimento. Deve trovare la sua giustificazione sul fatto che essa è in grado di offrire a questo bisogno un soddisfacimento. Può riconoscere l’antroposofia solo chi trova in essa quel che deve cercare per una sua esigenza interiore. Possono perciò essere antroposofi soltanto quegli uomini che sentono i problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sentono fame e sete.
Cominciai a leggere quel libro che per me è stato fondamentale, e che ho avuto modo di rileggere nel corso della mia vita, trovandovi sempre qualcosa di nuovo e utile. Da subito mi cominciai ad accorgere che i suoi contenuti mi erano già, in qualche misteriosa maniera, familiari. In particolare, nel terzo capitolo de “La scienza occulta”, viene spiegata la costituzione spirituale dell’uomo secondo la Scienza dello Spirito. L’essere umano è costituito dal corpo fisico, parte materiale del corpo umano, condivisa con il regno minerale; il “corpo eterico” è la componente vitale tipica del regno vegetale. Poi c’è il “corpo astrale”, sede delle emozioni e della vita interiore rappresentativa, nonché della percezione neurosensoriale. Infine c’è “l’io”, prerogativa dell’essere umano, che si articola in tre forme animiche (anima senziente, anima razionale, anima cosciente). In particolare, il capitolo “sonno e morte”dava in qualche modo una spiegazione alle esperienze di coscienza che avevo avuto durante il mio sognare infantile. Era come se io già conoscessi intimamente quei contenuti. Leggendo ciò che Steiner scriveva della vita interiore dell’uomo, rimasi colpita dalle indagini chiaroveggenti di Steiner riguardo al passato della Terra e dell’universo. Secondo Steiner la storia fisica come noi la conosciamo è solamente una piccolissima parte esteriore di una storia cosmica che ha origini nei piani spirituali in diverse ere. E poi mi soffermai sul capitolo che impressionò di più: quello della pratica spirituale di sviluppo degli stati di coscienza: immaginazione, ispirazione, intuizione.
Avevo appena compiuto quattordici anni quando cominciai ufficialmente il cammino spirituale, ossia quando, davanti al potere supremo chiamato vita, pronunciai il solenne giuramento che avrei dedicato la mia vita intera allo Spirito.
Era già arrivato per me il momento di praticare. Già avvertivo, infatti, l’importanza della pratica interiore, che rendeva speciale e peculiare l’esoterismo nei confronti degli altri campi del sapere. Nei testi di parapsicologia erano esposti in maniera chiara alcuni esercizi di visualizzazione, concentrazione, silenzio mentale, che avevano lo scopo di far raggiungere alla mente del praticante il cosiddetto “stadio alfa”. A questo scopo sono essenziali le tecniche di rilassamento.
Le mie letture cominciarono rapidamente ad espandersi. Al termine dell’anno scolastico trascorsi le vacanze estive interamente immersa sia in uno studio teorico, sistematico e attento delle opere esoteriche di vari autori, che nella pratica delle tecniche interiori che cominciavo gradualmente ad apprendere. Parte integrante dei miei studi iniziali vertevano sulla storia dell’esoterismo, che mi consentì fin da subito di conoscere teoricamente gli indirizzi fondamentali e gli autori di quello che, cominciavo a rendermi conto, era un campo vastissimo e variegato. E’ come la storia della filosofia, la storia della letteratura, la storia dell’arte, che si studiano per correnti e autori: la storia dell’esoterismo è cominciata con la nascita dell’uomo e si è sviluppata nello spazio e nel tempo, rivolgendo all’umanità un messaggio universale che però, incarnandosi nella dualità, ha assunto forme e modalità diverse nel tempo e nello spazio.
Questo per me era solo l’inizio di un lungo viaggio che già mi catturava e assorbiva completamente. In quei primi mesi mi era già assolutamente chiaro che avrei dedicato tutta la mia vita a quello che identificavo come “cammino spirituale”, due semplici parole, magari banali, che però indicavano qualcosa che avrebbe interamente condizionato la mia esistenza. Nei primi tempi le letture si concentrarono sugli autori e scuole esoteriche occidentali: l’antroposofia, Cornelio Agrippa, Eliphas Levi, Paracelso, la Teosofia, la Golden Dawn, Papus, e tanti altri.
Una sera di luglio, dopo tante ore di lettura, chiusi gli occhi e mi immersi in un profondo rilassamento. Improvvisamente, immagini di quello che sembrava un lontano passato, cominciarono a sfilare dinanzi al mio sguardo interiore: mi trovavo in una grande sala e partecipavo ad una cerimonia-rituale, nella quale gli adepti indossavano un’alba bianca. Grande era l’energia sprigionata dalle parole e dai movimenti dei presenti. Dopo lunghi secondi di attenta e stupita contemplazione, quelle immagini furono risucchiate dalla profondità dalla quale erano poco prima sorte. Cosa era stato, sognante fantasia stimolata dalle letture esoteriche? Ricordi di un lontano passato, in qualche modo appartenente a me, o a qualche altra persona? Stavo forse attingendo alla memoria cosmica, nella quale sono contenute tutte le immagini di ciò che è accaduto, e che nell’esoterismo rinascimentale era chiamato “luce astrale”? Un’immagine di un mio probabile futuro? L’avrei scoperto solo vivendo.
Mi affascinava, in particolare, il concetto di “luce astrale” che avevo appena appreso e che risuonava profondamente in me nella sua profonda verità: una grande ed impersonale memoria immaginativa di pensieri, emozioni, sentimenti, eventi, memoria a cui è possibile attingere in qualunque momento, se opportunamente sintonizzati. Questo concetto mi sembrava intensamente vivo, in quanto percepivo che ciò che leggevo non era carta morta ma era vivente, come era ancora vivente il pensiero di quegli autori che vibrava in me se solo chiudevo gli occhi tra una riga e l’altra.
La mia pratica di quei primi mesi consisteva in un’iniziale seduta di rilassamento. Per alcuni mesi praticai anche il training autogeno di Shultz, in particolare l’esercizio del calore e della pesantezza, che incrementavano il mio stato di rilassamento. In seguito introdussi la concentrazione su un oggetto per almeno cinque minuti, e la visualizzazione, che consisteva nell’esercitarmi a visualizzare forme geometriche o i colori, in particolare il blu. E poi, tecnica importante che non avrei mai abbandonato: il silenzio interiore, di cui solo negli anni successivi avrei compreso l’estrema importanza.
Notavo che quando raggiungevo profondi stati di rilassamento, veniva modificato il mio stato di coscienza; ad un certo punto mi trovavo dinanzi ad un confine, una soglia che presentava due alternative: una era quella di scivolare nel sonno, l’altra quella di esplorare un nuovo stato di coscienza, intenso e profondo. Il corpo diventava impercettibile, anche se la lotta per raggiungere un rilassamento autentico era dura. Il corpo costituisce per definizione un ostacolo che sembrerebbe insormontabile. Occorre tanto esercizio e molta forza di volontà per ottenere un rilassamento vero e proprio. E’ estremamente facile il formarsi di contratture muscolari che persistono nel tempo, fino a diventare croniche; più difficile, invece, decontrarre ciò che è persistentemente contratto, molto spesso a causa di blocchi psicologici od emotivi, ma spesso per la tensione con la quale si eseguono esercizi psichici particolarmente impegnativi.
Il problema che cominciai ad riscontrare negli esercizi era che, una volta raggiunto un discreto rilassamento, nel momento in cui cominciavo a concentrarmi o a svolgere qualsiasi attività interiore come la visualizzazione, sorgeva qualche tensione in qualche punto del corpo, ad esempio nel collo oppure nell’addome. E’ un ostacolo che mi portai avanti per lungo tempo. In seguito notai che, proseguendo nella pratica, la tensione fisica veniva poi ridotta man mano che si approfondiva il livello di concentrazione (fenomeno che poi avrei identificato come “passaggio dalla coscienza cerebrale alla coscienza spirituale”), fino a scomparire del tutto man mano che diventavo capace di raggiungere profondi stati di concentrazione o silenzio interiore. Solo nell’anno seguente avrei compreso l’importanza e il significato della pratica della concentrazione-silenzio interiore, attraverso le opere di Massimo Scaligero. Gli ostacoli degli esercizi non mi scoraggiavano, anzi mi incitavano a continuare nella pratica per migliorare. Mi accorgevo che le tecniche spirituali avevano bisogno di estrema costanza, proprio come in tutti i campi della vita. Nel mondo ordinario, infatti, qualunque professione è basata non soltanto sullo studio teorico, presupposto basilare, ma prende vita solo con la pratica, attraverso l’esperienza e la ripetizione costante.
Hermelinda
Tratto dal libro: MEMORIE DI UNA VIAGGIATRICE DELLO SPIRITO