Goethe fuggì in Italia nel 1786. Non poteva aspettare un giorno di più. Ormai era giunto al limite: “ Lo scopo principale del mio viaggio era quello di guarire dai malanni fisici e morali che mi tormentavano in Germania e che alla fine mi avevano tolto ogni energia…” L’Italia salvò Goethe ed è grazie alla sua bellezza naturale ed artistica che il grande artista-iniziato riuscì a ricaricarsi…In un mondo come quello materiale, pieno di vampiri energetici e di ostacoli fisici e psicologici, è fondamentale avere un luogo (esterno o interiore) dove recuperare le proprie energie. Non si tratta di ‘andare in vacanza’; le vacanze sono la libera uscita di una umanità ridotta in schiavitù da un sistema economico-sociale impazzito; Goethe fuggì anche da una parte di sé stesso che lo stava divorando. In Italia riuscì a trasformare quella parte di sé in un nuovo essere umano: “ Anche se sono sempre lo stesso, mi pare di essere cambiato fino al midollo.”
Trovare il proprio rifugio richiede sempre un viaggio iniziatico, e al termine di un tale viaggio non siamo più gli stessi, siamo cambiati fino al midollo. Accadde anche a Pitagora quando andò in Egitto: “ [Pitagora] passò ventidue anni in Egitto, nei penetrali dei templi, dedito all’astronomia e alla geometria, e intento a farsi adepto, in modo tutt’altro che casuale e superficiale, di tutti i misteri divini.” Tanti anni quelli passati da Pitagora in Egitto, del resto era quasi impossibile per un greco farsi accettare dai sacerdoti egizi e diventare degno di raggiungere i livelli divini dell’anima; dovette affrontare un lungo periodo di prova e di apprendistato, poi anche Pitagora, come Goethe, fece ritorno. Sì, perché anche il fare ritorno è una prova iniziatica.
Goethe passò in Italia circa due anni e studiò ogni cosa, l’arte e la vita, assorbendo millenni di storia come una creatura marina che assorbe gli elementi per farne una perla: “ …chi ha visto bene l’Italia, e Roma in particolare, non potrà mai diventare del tutto infelice.” C’è un grande segreto in queste parole: una bellezza suprema, se vissuta fino in fondo, ci proteggerà da ogni evento negativo. In fondo Goethe cercò in Italia e a Roma il rifugio nella pura bellezza; l’Italia era davvero un paradiso terrestre, prima della follia industriale, prima dei crimini della cementificazione…e Goethe amava soprattutto il mare: “ Se vedessi il mare ne avresti una grande gioia. Quando dopo un certo tempo si è fatta l’abitudine non si riesce più a capire come si sia potuto vivere senza averlo veduto, né come si potrà continuare a vivere senza vederlo.” I paesi mediterranei hanno questa immensa grazia, questo contatto col mare, che è un elemento decisivo per innalzare la coscienza divina, infatti: “sarasām asmi sāgarah” (Bhagavad-gītā, 10, 24), tra le distese d’acqua sono l’oceano; il divino stesso si manifesta nelle grandi realtà naturali e ci purifica; Goethe trovò a Roma la grandezza della Natura e i veri segreti delle Arti plastiche. Comprese di non essere destinato alla pittura, ma disegnò ugualmente centinaia di paesaggi e figure, per disciplina, per imparare a vedere. Ognuno dovrebbe trovare un proprio rifugio, una Roma ideale dove poter ritrovare se stessi, la propria missione.
Goethe scrive: “ Le antichità, la storia, la letteratura delle diverse arti…[…] vengono praticate alacremente da singole persone frequentando le quali si apprende quasi senza accorgersene, e così Roma diventa, per chi voglia applicarsi, una vera scuola superiore.” Il nostro rifugio non deve essere un luogo passivo ma di studio superiore; e il vero studio superiore accade naturalmente, per osmosi, ‘quasi senza accorgersene’. Goethe assimilò tutto ciò che poteva, in modo vitale, con gioia; così un luogo diventa un rifugio che nessuno può toglierci, poiché il lavoro compiuto in esso appartiene solo a noi ed è unico. Anche se Goethe dovette tornare a Weimer una Roma ideale rimase sempre con lui, perenne, intatta, raggiungibile col pensiero e col cuore. Nelle sue conversazioni con Eckermann Roma sarà sempre una ‘leggenda’, un luogo del mito, e quindi dell’anima. Questo dovremmo trovare per avere una vita felice, un luogo che sia per noi un luogo dell’anima: un paese, una città, un castello…qualcosa che protegga i nostri sogni da qualsiasi incubo.
Goethe mostrò anche nel suo Faust l’importanza iniziatica di avere un proprio rifugio, un luogo inaccessibile agli altri:
Sempre più in alto devo salire,
sempre più in alto devo guardare!
Ora so dove sono:
in mezzo all’isola, sono,
in mezzo al paese di Pèlope,
congiunto al mare come alla terra!
L’anima, finalmente consapevole di sé, ha compreso i propri poteri divini; ogni dio crea il proprio mondo, il proprio spazio; e Goethe creò la sua Roma interiore, e di essa divenne il Re, il monarca assoluto. Proprio questo esprime, in realtà, il ritratto di Tischbein dove Goethe appare come un sovrano tra le antiche rovine…
Il pittore ha colto lo stato d’animo sovrano che Goethe stava cercando da una vita e che a Roma realizzò. Spetta ad ognuno di noi diventare sovrani di uno spazio reale e simbolico, interiore ed esteriore. Se non troviamo la nostra Roma allora dobbiamo sforzarci di crearla… D’Annunzio lo fece col Vittoriale, Miller con Parigi, Rilke con Duino; non ci sono limiti creativi per la nostra coscienza e ogni coscienza ha il potere di creare uno spazio e di governarlo. La fisica ha scoperto tardi ciò che questi grandi poeti già sapevano: materia e spazio dipendono dallo sguardo dell’anima. Più l’anima cresce e più il suo sguardo detta legge sull’universo che la circonda. Ed è una legge di armonia e bellezza, non la legge dei dittatori, mossi solo dalla loro paranoia…
Valentino Bellucci